Esercito
F-35, è già scontro politico. Storni: "Si stralci il contratto", Regazzi: "Indietro non si torna"
© Shutterstock - Ticinonews
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Redazione
2 giorni fa
Avviata un’ispezione parlamentare per far luce sull’acquisto degli F35. La sinistra punta i piedi e chiede di recidere il contratto: “Non è quello che ci è stato assicurato”, spiega Bruno Storni. “È un pasticcio ma indietro non si torna”, replica Fabio Regazzi del Centro.

Sugli F-35 la Commissione gestione del Consiglio Nazionale vuole vederci chiaro. Di nuovo. Sul caso è stata infatti aperta un’ispezione e i deputati intendono sentire anche l’ex capo dipartimento della difesa Viola Amherd, ai tempi venuta a difendere il “sì” ai nuovi aerei anche in Ticino. La ministra dimissionaria lo aveva assicurato a più riprese, prima e dopo il voto: l’acquisto di nuovi jet da combattimento sarebbe costato alla Svizzera 6 miliardi di franchi al massimo, una somma calcolata sulla base dell’indice nazionale dei prezzi al consumo del 2018. E invece… L'acquisto dei caccia F-35 ci costerà più di quanto preventivato. “Si minacciano costi aggiuntivi superiori a un miliardo di franchi”, titolavano le prime pagine dei media dei giorni scorsi, in seguito a un rapporto rivelato da SRF.  Come mai è emersa una discrepanza tra quanto accettato sul filo del rasoio dal popolo nel 2020 e il prezzo richiesto ora dagli Stati Uniti? In che modo sono state gestite le trattative? Domande ora al vaglio della gestione e a cui i quotidiani domenicali d’oltralpe hanno già dato qualche risposta, mettendo in fila i fatti.

1,3 miliardi in più

L’accordo pareva blindato in virtù del cosiddetto prezzo fisso. Un malinteso secondo Washington, che di recente ha bussato alla porta di Berna chiedendo più soldi: fino a 1,3 miliardi in più. Una richiesta motivata dall’inflazione e dall’aumento dei costi delle materie prime. In netto contrasto, quindi, con il citato prezzo fisso. Una soglia che secondo gli Stati Uniti verrà fissata definitivamente soltanto quando inizierà la produzione dell’aereo. Tesi rigettata dalla Svizzera che sta ora battendo la pista della diplomazia. Allora si era optato per gli F-35 americani rispetto alle altre tre opzioni sul tavolo proprio “per costi di acquisto e operativi vantaggiosi”, aveva dichiarato Viola Amherd. In ogni caso quanto deciso alle urne non specificava la quantità di velivoli. Mercoledì scorso, in conferenza stampa, il nuovo ministro Martin Pfister ha dunque anche ventilato la possibilità di acquistarne di meno rispetto ai 36 preventivati. Non è però chiaro se i contratti lo consentano. E non è tutto. Secondo il Sonntagsblick, contrariamente a quanto dichiarato dalla Confederazione, il prezzo d'acquisto concordato per gli F-35 americani non comprenderebbe quasi nessun armamento. Sarebbe, insomma, destinato a lievitare ancora.  

Storni: “Ormai impossibile riesiliare il contratto”

La politica è in fermento. La sinistra ha già chiesto di stralciare il contratto. Un’ipotesi che per i partiti borghesi metterebbe però a rischio la sicurezza del Paese nel momento in cui la vecchia flotta andrà in pensione. Ticinonews ne ha quindi parlato direttamente con il socialista Bruno Storni, anche membro della Commissione della gestione, e con Fabio Regazzi, senatore del Centro. “Il controllo federale delle finanze, che aveva esaminato i contratti nel 2022, aveva detto che non c'era certezza giuridica di un prezzo fisso”, sostiene Storni. “In quel momento, i responsabili di armasuisse non avevano detto nulla, parlando di un contratto sicuro. Motivo per cui la Commissione della gestione ora vuole vederci chiaro e ha deciso per questo approfondimento”. Per il socialista, il cosiddetto "prezzo fisso" per gli americani potrebbe significare "solo un’indicazione, una linea guida, ma legata a quello che l’esercito americano paga al produttore. Non dunque quello a cui si riferivano Amherd e i responsabili di armasuisse che hanno gestito il contratto”. Ora, prosegue Storni, è stata fatta una petizione e c’è anche stato un atto parlamentare agli Stati che è stato bocciato. “Si potranno fare altre mosse, ma riesiliare il contratto sarà molto difficile perché ci vuole la maggioranza”.

Regazzi: “Necessari chiarimenti, ma indietro non si torna”

Dal canto suo, Fabio Regazzi sostiene che sulla necessità di fare chiarezza “non si discute. È ovvio che abbiamo tutti bisogno di capire che cosa è successo, sia cittadini e cittadine che Parlamento. Solo in quel momento si potranno tratte conclusioni, ma ora sarebbe fuori luogo – a mio avviso – prendere decisioni affrettate e calare sentenze o giudizi senza avere conoscenza dei dettagli di questo pasticcio”. Per Regazzi, se dovesse effettivamente verificarsi questo aumento di costo “bisognerà valutare quali sono le possibili opzioni. Penso ad esempio alla possibilità di ridurre qualche aereo l’effettivo che si voleva acquistare, ma anche cercare di trovare un accordo con gli USA per minimizzare questi maggiori costi. Ma per me è chiaro: indietro non si torna, sarebbe fuori luogo. Anche tornare alle urne mi sembra eccessivo, ritengo che si possa trovare una soluzione per scartare questa opzione”, ha concluso il senatore.