Svizzera
Equivalenza borsistica, doccia gelata per la Svizzera?
Equivalenza borsistica, doccia gelata per la Svizzera?
Equivalenza borsistica, doccia gelata per la Svizzera?
Redazione
6 anni fa
Le discussioni tra Berna e l'Unione europea "non hanno compiuto progressi tali da prolungarne il riconoscimento"

Le discussioni tra Svizzera e Unione europea al momento non hanno compiuto progressi sufficienti per prolungare il riconoscimento dell'equivalenza borsistica elvetica. È quanto afferma in una lettera il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis.

La missiva è stata inviata ieri all'eurodeputato tedesco Markus Ferber, vicepresidente della commissione parlamentare degli affari economici e monetari. Nel testo, l'ex primo ministro lettone dichiara che le trattative sull'asse Berna-Bruxelles non sono avanzate abbastanza da permettere un'estensione dell'equivalenza borsistica svizzera oltre dicembre 2018.

Contattato da Keystone-ATS, il portavoce del Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha fatto sapere di aver preso conoscenza della lettera e di attendere la decisione del Consiglio federale sulla protezione della borsa.

A inizio novembre, il ministro delle finanze Ueli Maurer aveva detto di contare sul prolungamento di un ulteriore anno dell'equivalenza concessa dall'UE, in modo da guadagnare tempo per accordarsi su un accordo quadro istituzionale. Se Bruxelles non dovesse concederla, aveva aggiunto il membro dell'esecutivo, la Svizzera potrebbe reagire prendendo misure.

Se Bruxelles non darà il via libera definitivo - il 22 ottobre scorso aveva bloccato il riconoscimento poiché non vi erano progressi nelle trattative sull'accordo quadro - a partire dall'anno prossimo gli investitori e i negoziatori di azioni non potranno più comprare titoli sulle piattaforme in Svizzera.

"La Svizzera sopravviverà comunque"Stando alla NZZ am Sonntag l'eventuale mancato riconoscimento equivalenza borsistica da parte dell'UE avrebbe "un impatto tutto sommato limitato". 

Oltre la metà dei volumi di contrattazione di titoli inseriti nell'SMI - l'indice principale, con 20 azioni, della borsa elvetica - è dovuta a operatori con residenza nell'Ue. Di questi però la maggioranza sono a Londra: dall'aprile 2019, per via della Brexit, potrebbero tornare a vendere e comprare.

Nel 2017 la parte di contrattazioni di titoli SMI con ordinativi provenienti dall'Ue senza il Regno Unito ha costituto il 20%: una quota importante, ma stando alla NZZ am Sonntag sicuramente non in grado di mettere in pericolo l'esistenza di SIX. Il gruppo che gestisce la borsa elvetica guadagna soldi anche in altri comparti, come quelli del traffico dei pagamento o delle carte di debito. L'intera negoziazione borsistica rappresenta meno del 20% dei ricavi del gruppo.

Il domenicale, nella sua edizione del 21 ottobre scorso, aveva chiesto anche ad alcune grandi aziende quotate quanto la questione sia importante. Un addetto stampa di Swatch aveva fatto sapere che per il maggior produttore al mondo di orologi il tema è irrilevante: gli investitori non sarebbero toccati. Anche per il gruppo assicurativo Bâloise l'equivalenza borsistica non è fondamentale. Simile è la posizione di Geberit.

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