
I consiglieri nazionali ecologisti Greta Gysin (TI) e Raphaël Mahaim (VD) hanno presentato una denuncia al procuratore generale della Confederazione, Stefan Blättler, chiedendo l’apertura di un’indagine sui «regali offerti al presidente statunitense Donald Trump» da parte di dirigenti di aziende svizzere durante una visita a Washington all’inizio di novembre. Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) conferma di aver ricevuto tre denunce contro ignoti, che verranno esaminate «come di consueto».
La delegazione
La delegazione di imprenditori svizzeri si era recata alla Casa Bianca per discutere con Trump dell’impatto dei dazi del 39% imposti sui prodotti elvetici. A fare scalpore, nei giorni successivi, sono stati soprattutto due oggetti comparsi sulla scrivania del presidente: un orologio da tavolo Rolex e un lingotto d’oro personalizzato. La stampa internazionale ha subito parlato di gold bar diplomacy, riaccendendo le polemiche quando, dieci giorni dopo, Berna e Washington hanno annunciato l’intenzione di riportare i dazi al 15%. Nella denuncia indirizzata a Blättler, Gysin e Mahaim scrivono: «In questa vicenda di grande rilevanza nazionale e internazionale, riteniamo che gli eventi meritino un chiarimento da parte della giustizia». A loro giudizio, «ne va della credibilità delle nostre istituzioni, del rispetto dello Stato di diritto e della reputazione della Svizzera».
Un vantaggio illecito?
I due parlamentari chiedono di verificare se i regali possano costituire un vantaggio «illecito ai sensi del diritto penale svizzero», citando l’articolo 322septies sulla corruzione di pubblici ufficiali stranieri. «Sembra di essere nel Medioevo», ha dichiarato Mahaim alla RTS. «Signori che baciano le mani del monarca ricoprendolo d’oro per ottenere un favore… Nel XXI secolo non è così che si fanno le relazioni internazionali». Dal mondo economico arriva invece una lettura diversa. Alfred Gantner, di Partners Group, ricorda alla SRF che è «del tutto normale portare un regalo quando ci si reca allo Studio Ovale», sottolineando che si tratta di gesti «simbolici» destinati alla “Presidential Library”, non a Trump personalmente.
