
Al rientro della sua delegazione dagli USA, dove la presidente Karin Keller-Sutter e il ministro dell'economia Guy Parmelin hanno tentato di abbassare le tariffe doganali al 39% imposte dagli USA sulle esportazioni elvetiche, il Consiglio federale ha tenuto una seduta straordinaria nel primo pomeriggio. Seduta al termine della quale ha organizzato una conferenza stampa per aggiornare sulla situazione. "Oggi sono entrati in vigore i dazi USA. Per i settori colpiti è una situazione straordinariamente difficile", ha esordito la presidente dalla Confederazione. "Il Consiglio federale ha un pensiero particolare per i Cantoni della Svizzera occidentale, che sono particolarmente colpiti da questa misura, proprio coloro che assicurano una parte importante delle esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti. Il Consiglio federale sta lavorando da mesi intensamente a una soluzione. Abbiamo portato avanti colloqui negli USA per presentare la nuova offerta, di cui la controparte ha preso atto. Sulla base della nuova offerta vengono ora portati avanti nuovi colloqui". Si tratta di uno sviluppo positivo, secondo la ministra delle finanze. Il Dipartimento dell'economia di Guy Parmelin guiderà i negoziati, con il supporto del Dipartimento delle finanze. "Per una soluzione ci vuole tuttavia più tempo", ha aggiunto Keller-Sutter.
"È Trump che decide"
Circa l'offerta inoltrata, Keller-Sutter ha rimarcato di voler raggiungere un'intesa, ma non ad ogni costo. Non possiamo fare promesse che non potremmo mantenere, ha affermato. Dobbiamo rimanere fedeli ai nostri valori. Pur avendo fiducia fiducia nei nostri negoziatori, alla fine è Trump che decide, ha sottolineato la presidente della Confederazione. L'obiettivo è di proseguire il dialogo con Washington, senza peraltro ricorrere a ritorsioni come l'annullamento del contratto di acquisto per gli F-35.
Colpito il 60% delle esportazioni elvetiche
"Circa il 60% delle esportazioni dei beni svizzeri verso gli Stati Uniti sono toccati dalle tariffe doganali aggiuntive dell'ordine del 39%.", ha precisato il consigliere federale Guy Parmelin. "Alcune eccezioni sono mantenute, come i prodotti farmaceutici, l'industria chimica e, in parte, dell'oro. Importanti settori dell'esportazione svizzera sono invece toccati, come l'orologeria, le macchine, gli apparecchi medici e i prodotti dell'industria alimentare (caffè, bevande energetiche, cioccolato, formaggio)". Le tariffe che colpiscono il nostro paese, ha aggiunto, "ci mettono in una posizione di svantaggio in rapporto ai nostri principali concorrenti, come Regno Unito (10%), Unione Europea (15%) e Giappone (15%). Il Consiglio federale, come detto, è determinato a portare avanti le discussioni oltre il termine del 7 agosto.
Le ripercussioni
Per quanto riguarda le possibili conseguenze, Parmelin ha ribadito che bisogna partire dal principio che l'economia si svilupperà in maniera meno favorevole rispetto alle previsioni di giugno. "Sono da attendersi ripercussioni congiunturali significative. Al momento attuale non c'è comunque da aspettarsi una macro crisi economica comparabile alla pandemia. Ma determinate aziende saranno colpite più di altre. L'incertezza resta elevata e una deteriorazione ulteriore della congiuntura internazionale non può essere esclusa. Seguiremo costantemente l'evoluzione della situazione".
Misure sul piano interno
Parmelin ha inseguito spiegato le misure previste sul piano interno. Le aziende hanno la possibilità di far ricorso al lavoro ridotto per ammortizzare temporaneamente le perturbazioni economiche e di preservare posti di lavoro. La durata massima del lavoro ridotto è già stata prolungata da 12 a 18 mesi. È inoltre pendente un’iniziativa parlamentare che propone di prolungare la durata massima fino a 24 mesi. Il Consiglio federale ha inoltre incaricato la Seco di valutare ulteriori misure, come la riduzione dell'orario di lavoro per facilitare le procedure e i versamenti.
Un fiasco?
Durante la sessione delle domande, è stato chiesto se si può considerare un fiasco il mancato accordo per il Consiglio federale. "Il fiasco sono il 39% dei dazi", ha ammesso Parmelin, l'obiettivo della visita negli USA era di mantenere tutti i canali possibili aperti con l'amministrazione Trump. Per quanto riguarda la possibilità di presentare reclamo presso l'Organizzazione mondiale del commercio (Omc/Wto), come fatto dal Brasile, Parmelin ha precisato che l'obiettivo primario è quello di riaprire le trattative con gli Usa, ma resta aperta la possibilità di una causa legale.