
Ieri il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato dazi del 31% sulle importazioni dalla Svizzera, il 50% in più di quelli attualmente imposti all'Unione europea (20%). "La Svizzera ne prende atto", ha scritto la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter su X. Queste tasse sono la risposta alle tariffe doganali del 61% applicate dalla Svizzera ai prodotti americani, secondo una tabella presentata dal presidente Trump durante un atteso discorso nei giardini della Casa Bianca. Sono più della metà di quelle che ora colpiscono l'Unione Europea (20%). Sono "reciproche", secondo il presidente statunitense, che ha detto di essersi basato per il suo calcolo sul livello dei dazi doganali applicati dai partner commerciali di Washington. Karin Keller-Sutter ha reagito ai dazi del 31% sulle esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti annunciati: su X ha scritto che il Consiglio federale prende atto della decisione degli Stati Uniti e stabilirà al più presto le prossime tappe della procedura, ha aggiunto. Gli interessi economici a lungo termine del Paese sono una priorità e "la fedeltà al diritto internazionale e il libero scambio restano valori centrali", ha scritto ancora Keller-Sutter. Ieri il Consiglio federale ha dedicato una parte della sua seduta settimanale alle relazioni con gli Stati Uniti. In occasione di un incontro con la stampa sugli OGM, la portavoce ad interim Ursula Eggenberger ha annunciato che il governo seguirà da vicino eventuali annunci di Trump in materia di commercio e dazi. Il Consiglio federale potrebbe rilasciare una dichiarazione in merito già oggi.
Centro e fronte rosso-verde chiedono al Consiglio federale di agire
Centro e sinistra chiedono al Consiglio federale di reagire immediatamente all'aumento dei dazi nei confronti della Svizzera - al 31% e tra i più significativi nel raffronto globale - annunciati nella notte da Donald Trump. "L'aumento dei dazi doganali danneggia tutti, anche la Svizzera" ha dichiarato già ieri - citato in una nota - il presidente del Centro Gerhard Pfister. Il Centro si aspetta che il Consiglio federale "conduca un'analisi approfondita e rigorosa delle conseguenze per la nostra economia", ha sottolineato il suo partito nel comunicato stampa diffuso ancora prima dell'annuncio dell'inquilino della Casa Bianca. Ora è necessario trovare soluzioni pragmatiche per le industrie interessate e "soprattutto, a fronte delle incertezze geopolitiche, rafforzare ulteriormente le relazioni commerciali con i nostri partner commerciali più affidabili", ha aggiunto Pfister, citato nel comunicato. Per il PS, l'Esecutivo deve "agire in stretta consultazione con l'Unione europea" e non deve "cadere nella trappola dell'UDC, partito che intende accattivarsi le simpatie di Trump dipingendo la Svizzera come traditrice dell'Europa", ha dichiarato questa mattina il partito socialista in un comunicato. "Trump e il suo entourage perseguono solo i propri interessi finanziari. Ecco perché la risposta della Svizzera e dell'Europa dovrebbe colpire nello specifico chi si approfitta di questo regime neofascista, in particolare gli oligarchi tecnologici che gravitano attorno a Elon Musk", ha tuonato Cédric Wermuth, co-presidente del PS. La sinistra esorta la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter a condannare "i tentativi aggressivi di intimidazione di Trump". Gli ultimi sviluppi commerciali e di politica estera - inoltre - sottolineano ancora una volta quanto sia importante mantenere relazioni stabili con l'UE, il più importante partner commerciale della Svizzera, ha affermato il PS. I Verdi parlano addirittura di una "strategia e tentativi di seduzione" fallimentari da parte del Consiglio federale e di Keller-Sutter nei confronti di Trump". Il Governo deve difendere i diritti fondamentali e l'economia dagli attacchi "autoritari" degli Stati Uniti e, insieme ai nostri partner europei, rafforzare la nostra indipendenza da questo Paese, sottolinea il partito ecologista. "Affrontare da soli questa guerra commerciale non è un'opzione. Abbiamo bisogno di una risposta europea", hanno puntualizzato i Verdi già nella tarda serata di ieri annunciando una conferenza stampa per questo pomeriggio. I Verdi liberali ribadiscono dal canto loro l'importanza di coltivare le relazioni con l'UE. "Da ieri ci sono 31 nuovi motivi per i Bilaterali III", ha aggiunto il presidente del partito Jürg Grossen su X, riferendosi alla percentuale dei dazi del 31% imposti da Trump ai danni della Svizzera. Questi dazi "dimostrano quanto sia prezioso avere partenariati affidabili", ha detto Grossen, chiedendo che le relazioni con l'UE siano "garantite in futuro". I dazi rendono le persone più povere, ha deplorato.
Swiss Medtech: “Il Consiglio federale agisca”
Dopo l'annuncio dei dazi statunitensi sulle esportazioni elvetiche l'associazione svizzera delle tecnologie mediche Swiss Medtech ha chiesto al governo federale segnali concreti per adottare contromisure diplomatiche. La posta in gioco per il settore è molto alta. "Swiss Medtech invita il Consiglio federale ad attivarsi per proteggere i canali di esportazione centrali - attraverso rapide modifiche a livello di regolamentazione e colloqui in materia di politica commerciale con Washington", indica citato in un comunicato Damian Müller, presidente di Swiss Medtech." In particolare, i prodotti che sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense dovrebbero essere approvati anche dal Consiglio federale in tempi rapidi e per ordinanza. "Questo sarebbe un chiaro segnale al governo statunitense per anteporre il dialogo alle misure di politica doganale", ha detto Müller. Finora la Svizzera ha riconosciuto solo i dispositivi medici con certificazione Ue. Già nel 2022 il Parlamento ha incaricato il Consiglio federale di autorizzare anche i prodotti con approvazione della FDA statunitense. Secondo Swiss Medtech, la posta in gioco per il settore è molto alta: nel 2023 sono stati esportati negli Stati Uniti prodotti medtech per un valore di 2,8 miliardi di franchi, pari al 23% o a quasi un quarto di tutte le esportazioni medtech svizzere. Gli Stati Uniti sono il secondo mercato di vendita più importante dopo l'Unione europea (Ue), verso la quale le aziende esportano circa il doppio, ovvero il 50%. Swiss Medtech chiede inoltre l'eliminazione attiva delle barriere commerciali di natura tecnica e l'ulteriore sviluppo di accordi internazionali, dal momento che un posto di lavoro su tre nel settore medtech svizzero dipende da contratti Ue. "Questo rapporto deve essere rafforzato in modo mirato", sottolinea Adrian Hunn, Direttore di Swiss Medtech, citato nella nota.
Economiesuisse: "I dazi Usa sono dannosi e infondati, subito negoziati"
I dazi decisi dagli Stati Uniti sulle importazioni elvetiche sono "dannosi e infondati": lo afferma Economiesuisse, che invita il Consiglio federale e la diplomazia economica a trovare rapidamente soluzioni al tavolo dei negoziati con il governo statunitense. Da un punto di vista economico, non ci sono ragioni comprensibili per le barriere doganali decise da Washington, afferma la federazione delle imprese in un comunicato odierno. La Confederazione persegue da anni una politica commerciale aperta e ha abolito unilateralmente le tariffe sui prodotti industriali. La Svizzera è anche un partner economico di prim'ordine degli Stati Uniti: è il sesto investitore straniero più importante ed è addirittura in testa alla classifica per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo. Le aziende elvetiche gestiscono circa 400'000 posti di lavoro negli Stati Uniti, con un salario medio di circa 130'000 dollari. A differenza di molti paesi la Confederazione applica inoltre un'imposta sul valore aggiunto (IVA) molto bassa. Per Economiesuisse Berna deve quindi chiarire rapidamente la situazione con l'esecutivo di Washington. "La Svizzera ha dalla sua parte i migliori argomenti economici", viene affermato. Con circa 53 miliardi di franchi (escluso l'oro), gli Stati Uniti sono il più importante mercato di esportazione della Svizzera, addirittura prima della Germania, ricorda l'associazione. Mentre l'industria tecnologica ha finora sofferto per i dazi statunitensi su acciaio e alluminio, le esportazioni americane di molti comparti elvetici sono ora direttamente colpite. I nuovi balzelli rendono più costoso l'export elvetico, indeboliscono la competitività delle aziende e incidono negativamente sul clima degli investimenti. Ciò avviene in un momento in cui le prospettive in altri mercati di vendita sono già cupe, sottolinea Economiesuisse.
Swissmem: "Agire in modo deciso, sia con gli Usa che all'interno"
La Svizzera deve agire in modo deciso, sia nei confronti degli Stati Uniti che al suo interno, per far fronte ai dazi decisi dal governo americano: è la reazione agli ultimi avvenimenti di Swissmem, l'associazione dell'industria metalmeccanica ed elettrotecnica elvetica. "Swissmem è profondamente delusa dalla decisione del governo statunitense di imporre tariffe del 31% sui prodotti dell'industria tecnologica svizzera", si legge in un comunicato odierno. Il provvedimento del presidente Donald Trump viene definito "del tutto incomprensibile e arbitrario", proprio perché la Confederazione, da parte sua, nel 2024 ha annullato tutte le barriere doganali sui prodotti industriali. La misura colpisce duramente un comparto alle prese con una situazione economica già tesa, prosegue l'organizzazione. Particolarmente sotto pressione sono le piccole e medie imprese (PMI) che non hanno uno stabilimento di produzione negli Usa: se i loro prodotti non sono indispensabili, rischiano di perdere un importante mercato di vendita. Per il settore gli Usa, con 10 miliardi di franchi, sono il secondo mercato d'esportazione, con una quota del 15%, dopo l'Unione europea, al 55%. Secondo Swissmem ora è importante che le imprese e il mondo politico agiscano in modo deciso, ma a mente fredda. A livello aziendale, in queste circostanze gli altri mercati stanno diventano ancora più importanti: l'attenzione è rivolta principalmente all'Ue, ma anche a India, Sud America, Sud-Est asiatico e Cina. Sul piano politico, il Consiglio federale deve ora cercare personalmente e con la massima urgenza un dialogo con gli ambienti competenti del governo statunitense e spiegare la politica commerciale aperta e i vantaggi della Svizzera. L'obiettivo deve essere quello di evitare o almeno mitigare i dazi. Inoltre, la Confederazione deve accelerare l'accesso ad altri mercati: in particolare, l'accordo di libero scambio con l'India deve entrare in vigore il prima possibile. Anche la conclusione di un'intesa con il Mercosur e l'estensione dell'accordo con la Cina sono molto urgenti. Infine gli accordi bilaterali III - così viene chiamata dagli ambienti economici l'intesa negoziata fra Berna e Bruxelles - "stanno diventando ancora più importanti". Sempre secondo Swissmem il maggior margine di manovra si trova però nella politica interna. Per sostenere l'industria, la guerra commerciale deve essere riconosciuta come una giustificazione per il lavoro ridotto e il periodo massimo di diritto deve essere esteso a 24 mesi il più rapidamente possibile. Swissmem si aspetta inoltre che tutti i settori e i partiti sostengano pienamente la strategia di accordi di libero scambio del Consiglio federale. Inoltre le aziende devono essere liberate da regolamenti o oneri finanziari inutili: "l'ordinanza sulla legge sul CO2 approvata nella seduta del governo di ieri, che impone ulteriori oneri all'industria, è solo un esempio di un approccio chiaramente sbagliato", conclude l'associazione.
Agricoltori sorpresi
L'Unione svizzera dei contadini ha preso atto delle dichiarazioni di Donald Trump sui dazi "con sorpresa". Globalmente gli Stati Uniti approfittano nettamente del commercio con la Svizzera e a livello industriale godono di un accesso al mercato senza balzelli. Anche nel ramo agricolo e delle derrate alimentari gli Usa non devono sborsare niente, o molto poco, sottolinea l'organizzazione in una presa di posizione pubblicata oggi. Tariffe elevate esistono solo per determinati prodotti agricoli sensibili e in circostanze specifiche. Tecnicamente gli Stati Uniti possono anche esportare verso la Svizzera - a differenza dei Paesi dell'Unione europea - carne contenente ormoni o prodotti geneticamente modificati, semplicemente dichiarando tutto in maniera esplicita. Se questo accade solo raramente non dipende da dazi, ma dal fatto che i consumatori elvetici non vogliono simili prodotti. Gli export svizzeri verso gli Stati Uniti consistono soprattutto in caffè e cioccolato. Il formaggio, prodotto d'esportazione importante per la Confederazione, non ha un peso specifico particolarmente rilevante negli scambi fra i due Paesi: circa l'1% della produzione di latte svizzero finisce sotto forma di formaggio negli Usa. "Perdere questo mercato sarebbe doloroso, ma non tanto da mettere in pericolo la nostra esistenza", ha evidenziato l'organizzazione degli agricoltori. Per quel che riguarda verdure o carne, gli export negli Stati Uniti sono "irrilevanti se non inesistenti".
USS: "Dazi Usa pesanti, ma non un dramma"
"I dazi americani sono molto pesanti per l'economia d'esportazione svizzera, ma gridare al dramma è fuori luogo". È l'opinione del capo economista dell'Unione sindacale svizzera (USS) Daniel Lampart, espressa in una presa di posizione sulle decisioni di Washington. Gli effetti dei dazi Usa sulle merci cinesi nel 2018 sono stati ben studiati, ha sottolineato Lampart in un contributo pubblicato sul sito dell'USS. Le analisi mostrano fondamentalmente che gran parte dei balzelli alla fine sono stati pagati dai cittadini americani. Oltre a questo, le aziende elvetiche hanno una posizione migliore di quella degli esportatori cinesi nel 2018, ha aggiunto Lampart. Oltre il 50% degli export svizzeri riguardano ad esempio il ramo farmaceutico/chimico. Una cosa utile sarebbe che il franco perdesse valore nei confronti del dollaro, ha proseguito il capo economista. La Banca nazionale dovrebbe adattare la sua politica monetaria di conseguenza. Ad ogni modo non vi è un pericolo di inflazione nella Confederazione. Berna dovrebbe poi "lavorare attivamente per un'alleanza di Paesi democratici e sociali con l'Unione europea e il Canada, in modo da evitare dazi reciproci e favorire la cooperazione". Serviranno anche sforzi diplomatici con Washington: "Nella logica di Trump ora è tempo dei negoziati", ha detto Lampart.