Coronavirus
Daniel Koch si rammarica per la chiusura delle case per anziani
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Keystone-ats
un anno fa
Lo ha affermato l'ex Mister Covid in un'intervista alla stampa svizzero-tedesca. "Siamo stati sottoposti a una forte pressione da parte degli altri Paesi. È illusorio credere che si possano prendere decisioni in modo completamente autonomo in una tale situazione".

Daniel Koch si rammarica per la chiusura delle case per anziani e delle frontiere decise durante la pandemia di coronavirus. Il lockdown del 2020 era invece inevitabile, ha indicato oggi l'ex "Mister Covid" in un'intervista alla stampa svizzero-tedesca. "Siamo stati sottoposti a una forte pressione da parte degli altri Paesi. È illusorio credere che si possano prendere decisioni in modo completamente autonomo in una tale situazione", ha spiegato l'ex delegato dell'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) alle testate svizzero-tedesche del gruppo Tamedia. La decisione di chiudere le scuole per esempio è stata presa sotto la pressione dell'estero, a suo avviso. "In realtà, volevamo lasciare aperte le scuole, ma quando la Francia ha chiuso le sue, è diventato presto chiaro che dovevamo seguire", ha raccontato Koch. Le chiusure non erano assolutamente necessarie da un punto di vista epidemiologico, "ma hanno consentito sicuramente di inviare un messaggio forte".

Chiusure delle frontiere inutili

I diritti fondamentali delle persone che vivevano in una casa per anziani sono inoltre stati eccessivamente limitati durante i divieti di visita e di uscita, ha ammesso Koch, secondo il quale i responsabili nelle case di cura e di riposo sono stati lasciati troppo soli. Per Koch, anche le chiusure delle frontiere sono state inutili. Il traffico delle merci ha continuato nonostante tutto, centinaia di migliaia di camionisti hanno varcato le frontiere europee ogni giorno.

Svizzera non ha reagito troppo tardi

Koch ha invece ribadito che la Svizzera non ha reagito troppo tardi dopo lo scoppio della pandemia. "È vero che all'inizio avevamo sottostimato la rapidità con la quale l'epidemia si stava diffondendo in Europa. Ma la Svizzera è stata per esempio il primo Paese a vietare le grandi manifestazioni", ha spiegato. L'accettazione di misure prese in precedenza sarebbe stata improbabile. "Nessuno avrebbe capito se noi, quale primo Paese, avessimo annunciato un lockdown, ancor prima dello scoppio della grande epidemia in Italia". Il 16 marzo 2020 il Consiglio federale è stato obbligato a decretare un lockdown a causa dell'attuazione incoerente delle misure precedentemente adottate, secondo Koch. "Ad esempio avevamo deciso che i ristoranti potessero essere occupati solo per metà. Ma invece di lasciare libero un tavolo su due, molti gestori hanno vietato semplicemente la metà dei locali. Gli ospiti si sono quindi seduti vicini l'uno all'altro come al solito".

"La Cina ha stabilito il ritmo"

Koch, che è stato soprannominato anche "Mister Covid", ha inoltre sollevato la questione di come il mondo avrebbe reagito alla pandemia, se essa non avesse avuto origine in Cina. "In Cina regna un regime totalitario, che ha reagito allo scoppio del virus con misure totalitarie", ha aggiunto. "Naturalmente le democrazie occidentali non sono andate così lontano. Ma la Cina ha stabilito il ritmo per il coronavirus. In una situazione del genere, si tende a imitare ciò che hanno fatto gli altri". Koch ha tuttavia respinto il modello pandemico svedese, ovvero la rinuncia ai lockdown: "l'elevata mortalità dopo la prima ondata dimostra che la Svezia ha pagato un prezzo elevato per questo. La 'via svedese' non sarebbe stata praticabile per la Svizzera. Non solo per la posizione geografica, ma anche perché siamo molto più densamente popolati".