Banche
Crisi Credit Suisse, “I clienti locali non devono preoccuparsi”
Redazione
un anno fa
La banca ha annunciato la sua strategia per uscire dalla crisi: 9mila posti di lavoro in meno entro il 2025 e un aumento di capitale di 4 miliardi. Ma come leggere questa situazione? E cosa ha portato a questa decisione? Ticinonews ne ha discusso con il presidente dell’Associazione Bancaria Ticinese.

Per il mondo economico, e non solo, quella di ieri era forse la data più attesa: Credit Suisse ha svelato la sua strategia per uscire da una situazione complicata che, nel terzo trimestre dell’anno, ha portato la seconda banca svizzera a segnare una perdita di oltre 4 miliardi. Tra le misure proposte la decisione di tagliare 9mila posti di lavoro entro il 2025, di cui 2mila in Svizzera. Come leggere questa situazione? I clienti devono preoccuparsi? Ticinonews lo ha chiesto ad Alberto Petruzzella, presidente dell'Associazione Bancaria Ticinese.

Come è possibile che la seconda banca svizzera nell'arco di pochi mesi passi da una situazione stabile alla decisione di tagliare 9mila posti di lavoro?

“Purtroppo, non è questione di mesi, ma di anni. Dovremmo tornare al 2008, quando c'è stata la grande crisi. UBS allora si è trovata con le spalle al muro, ed è stata aiutata dalla Banca Nazionale. Inoltre, ha deciso di prendere misure delle incisive riducendo in modo massiccio il suo investment banking. Ora è da anni che la situazione va molto bene per la prima banca svizzera. Credit Suisse, invece, riuscì a cavarsela da sola e quindi non prese mai la decisione di lasciare l’investment banking. Con il senno di poi penso si possa dire che questo è stato un errore, perché in seguito le perdite si sono rincorse anno per anno. Le decisioni di oggi sono solo le conseguenze dei continui problemi avuti in questo settore della banca, il quale ha prodotto pochi utili e tante perdite”.

Perché l'investment Banking è un settore così critico? Le banche svizzere non sono le uniche attive in questo ambito.

“C'erano solo due banche svizzere attive in modo importante in questo settore: UBS e Credit Suisse. È un ambito dominato dalle banche americane. Nell’investment banking si possono guadagnare tantissimi soldi, ma se ne possono perdere anche un'infinità. Gli istituti americani che fanno questo business sono molto grandi, quindi, possono assorbire le grandi perdite in modo più sereno rispetto alle banche più piccole. Come svizzeri dovremmo ammettere che forse è meglio non essere attivi in questo settore; forse non siamo abbastanza bravi e quando ci si rende conto che le perdite sono maggiori degli utili è meglio smettere”.

È anche un segnale che deve dirci qualcosa sul sistema bancario svizzero? La Svizzera riesce ancora ad essere competitiva?

“La Svizzera ha un sistema bancario nazionale, locale, con banche universali che si occupano della clientela retail, delle aziende, dei clienti istituzionali. Questo è un settore che va molto bene. Se guardiamo i risultati delle banche cantonali e i quelle regionali vediamo che hanno avuto ottimi risultati in questi anni. E poi la Svizzera era ed è famosa nel private banking internazionale. La Svizzera è la prima piazza offshore al mondo e anche lì i risultati sono stati buoni. Quindi non è un problema di piazza, è un problema di questo segmento di business. Purtroppo è anche un problema che Credit Suisse deve risolvere, ma questo non deve intaccare la nomea di tutta la piazza, perché questa registra altri risultati”.

Un ascoltatore ci chiede se, visto che è cliente di Credit Suisse, deve preoccuparsi.

“Penso di no, Credit Suisse Svizzera ha sempre dato buoni risultati, è una banca solida che lavora bene. La banca in totalità è ancora ben capitalizzata, quindi non c'è un rischio. Credit Suisse è 'too big to fail', di conseguenza se dovesse esserci un problema interverrebbero la Banca Nazionale e la Finma. I clienti locali non devono preoccuparsi, anche se è comprensibile il timore e la rabbia di vedere la loro banca immischiata in questa brutta storia globale”.

Oggi qual è il valore aggiunto della piazza finanziaria svizzera?

“La piazza finanziaria svizzera oggi rimane uno dei pilastri dell'economia sia della Svizzera sia del Ticino. Ha un valor aggiunto importante, con tanti posti di lavoro ben retribuiti, e il Private Banking, che è il cuore delle banche svizzere quando operano a livello internazionale, è ancora un cuore pulsante. Noi siamo la piazza più importante al mondo, qualunque cittadino di qualunque paese se sta bene, ha molti soldi e vuole metterne una parte in un posto sicuro, li porta in Svizzera. Siamo un paese solido, neutrale, il franco svizzero è una moneta forte, e le conoscenze delle banche svizzere restano invidiabili e invidiate a livello internazionale”.

La BCE ha annunciato questo atteso rialzo dei tassi di interesse di 0.75 punti. Una nuova mossa anzi-inflazione. Qual è la sua lettura di questa corsa al rialzo dei tassi?

“Ci eravamo abituati a tassi vicino allo zero o negativi. Questo era un veleno per l'economia. Non va bene avere dei tassi di interessi negativi perché crea una serie di problemi e di bolle. Adesso stiamo tornando a un periodo più normale con dei tassi che sono più alti rispetto al passato, ma ancora lontani dalla media storica. L'inflazione invece è una brutta bestia che va combattuta. È questo lo scopo delle Banche Nazionali. Per fortuna in Svizzera abbiamo tassi d'inflazione ben più bassi dell’Europa o degli USA,. Penso sia importante tenere l'inflazione sotto controllo perché la spirale inflazionistica può essere pericolosa per l'economia reale”.

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