Svizzera
Covid, un ristorante su cinque ha già chiuso
Foto © CdT/Gabriele Putzu
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Keystone-ats
3 anni fa
Per Gastrosuisse il 18,4% dei ristoranti ha dovuto cessare l’attività a tempo indeterminato e un altro 20% starebbe per farlo. Secondo l’associazione solo un esercizio su tre potrà sopravvivere senza altri aiuti

Quasi un ristorante su cinque - più precisamente il 18,4% - ha dovuto cessare l’attività a tempo indeterminato. Lo mette in risalto un sondaggio di Gastrosuisse, secondo cui solo un esercizio su tre potrà sopravvivere alla crisi senza una compensazione finanziaria.

Il 20% ha chiuso, il 20% sta per farlo
L’inchiesta dell’organizzazione di categoria, effettuata tra il 26 febbraio e il 2 marzo coinvolgendo 3556 membri, dipinge un quadro “drammatico”. Quasi il 20% ha già dovuto rinunciare alla propria attività a causa del coronavirus, mentre un altro 20% è sul punto di farlo, si legge in un comunicato odierno.

Aiuti, ritardi nei pagamenti
Inoltre, circa la metà di chi ha inoltrato domanda per accedere ai contributi dei casi di rigore è ancora in attesa da settimane di una risposta. A fine febbraio, il 70% dei ristoranti intervistati aveva presentato una tale richiesta. I ritardi osservati nei pagamenti sono “inaccettabili”, ha affermato, citato nella nota, il presidente dell’associazione Casimir Platzer. “La nostra industria sta soffrendo e ha un disperato bisogno di aiuto finanziario che ancora non ha ricevuto”, si è lamentato.

“Contributi insufficienti”
I contributi a fondo perso si stanno dimostrando per ora insufficienti: la maggior parte degli esercizi ha ottenuto meno del 10% del “buco” derivato dalle mancate entrate. Eppure, fa notare Gastrosuisse, i limiti massimi prevedono che si arrivi fino al 20% del fatturato dell’anno precedente. Attualmente, in media sono stati versati 51’918 franchi.

“Incoraggiante il 22 marzo”
Gastrosuisse ne approfitta poi per chiedere una volta di più che i ristoranti possano riaprire il più rapidamente possibile, sia all’esterno che all’interno. Il fatto che il Consiglio nazionale ieri abbia spinto per la data del 22 marzo è incoraggiante, “ma anche gli Stati devono seguire questo esempio e chiedere al Consiglio federale di agire”, mette in evidenza Platzer.

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