Svizzera
Berset lancia campagna a favore della Lex Netflix
Immagine CdT
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Redazione
2 anni fa
La modifica della legge sul cinema garantirà che una quota dei proventi realizzati in Svizzera resti nel nostro Paese, creando posti di lavoro e favorendo l’industria locale

La modifica della legge sul cinema elimina le disparità di trattamento tra le emittenti televisive e i servizi in streaming e garantisce che una quota dei proventi realizzati in Svizzera resti nel nostro Paese, creando posti di lavoro e favorendo l’industria locale. Il consigliere federale Alain Berset ha presentato oggi in conferenza stampa gli argomenti a favore della cosiddetta Lex Netflix, in votazione il 15 maggio.

La norma, votata dal Parlamento, obbliga le piattaforme di streaming ad investire il 4% del reddito lordo generato in Svizzera nella produzione di film elvetici indipendenti. Dovranno inoltre proporre almeno il 30% di serie o film prodotti in Europa. Questa legge serve a rafforzare la creazione cinematografica indigena, garantisce la parità di trattamento e favorisce la diversità culturale, ha spiegato Berset davanti ai media. Un comitato referendario ha depositato in gennaio 65 mila firme contro la revisione. Secondo i promotori, la modifica della legge è una disposizione illiberale, non tiene conto dei consumatori e finirà per pesare sul borsello dei fruitori delle piattaforme.

Gran parte dei Paesi limitrofi ha già imposto ai servizi streaming di investire nella produzione cinematografica nazionale. In Francia il contributo è stato fissato al 26%, in Italia a circa il 20%. “Questo dovrebbe far capire quando è ragionevole la proposta in votazione”, ha aggiunto il ministro della cultura. In questi Paesi l’abbonamento a Netflix, ad esempio, è molto meno caro malgrado la quota di investimenti molto maggiore. Non si capisce perché in Svizzera dovrebbe aumentare, ha aggiunto Berset commentando gli argomenti dei referendari. La quota minima del 30% di contenuti europei è inferiore a quella applicata dalle televisioni e i servizi di streaming la soddisfano già. Non ci sarà quindi nessun cambiamento per i consumatori. Si tratta inoltre di adattarsi allo sviluppo sempre più veloce della digitalizzazione dato che “sempre più film e serie sempre vengono visionati online”.

“Il vero problema è che attualmente esiste una disparità di trattamento fra Tv e servizi streaming perché le prime da anni ormai versano il contributo del 4%, i secondi non partecipano in alcun modo”, ha insistito il consigliere federale. La nuova legge eliminerà queste disuguaglianze. Oltre alle piattaforme, anche le emittenti straniere che trasmettono finestre pubblicitarie rivolte al pubblico svizzero dovranno contribuire alla pluralità dell’offerta cinematografica. “Potranno farlo in due modi: il più semplice è partecipare direttamente alle produzioni svizzere. Sempre più emittenti investono in questo modo”, ha ricordato ancora Berset. Se non vogliono farlo, l’alternativa è versare una tassa sostitutiva per la promozione del cinema nazionale. Stando alle stime dell’Ufficio federale della cultura, in questo modo ci sarebbero ogni anno 18 milioni di franchi in più per la creazione cinematografica indigena. Una quota dei proventi realizzati dalla piattaforme in Svizzera rimarrà nel Paese e contribuirà alla creazione di posti di lavoro favorendo l’industria locale. “Non si capisce perché negli altri Paesi europei i servizi streaming contribuiscono a sostenere la produzione, mentre in Svizzera non dovrebbe farlo”, ha concluso il ministro.

Il referendum è stato lanciato dalle sezioni giovanili dell’UDC, del PLR, dei Verdi liberali e da diversi esponenti del Centro, spalleggiati dall’associazione svizzera delle televisioni private e da Suissedigital, l’associazione che riunisce gli operatori via cavo.

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