
Il Tribunale penale federale (TPF) ha riconosciuto Naim Cherni, membro della direzione del Consiglio centrale islamico della Svizzera (CCIS) e produttore di due film controversi, colpevole di propaganda a favore di al Qaida e organizzazioni associate e lo ha condannato a una pena detentiva di 20 mesi sospesa con la condizionale.
Gli altri due imputati, Nicolas Blancho e Qaasim Illi, pure membri della direzione del CCIS, sono stati assolti. A questi ultimi il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha rimproverato l'approvazione della diffusione dei video e di averne fatto la promozione.
Per la presidente del TPF non vi sono dubbi sul fatto che il video più controverso, un'intervista filmata del leader religioso Abdallah al-Muhaysini, costituisca propaganda. La corte di Bellinzona constata che Cherni, il principale imputato, non si distanzia dalle affermazioni di al-Muhaysini e, anzi, considera il suo interlocutore un amico e ne apprezza l'influenza. Per la corte, al-Muhaysini è un leader dell'organizzazione Jaysh-al-Fath, a cui è affiliata al-Nusra, succursale siriana di al-Qaida.
Nelle motivazioni della sentenza, la presidente non si è espressa sulla valenza giornalistica dei film. Se di giornalismo si fosse trattato, avrebbe fatto stato la libertà di stampa e Cherni non sarebbe stato condannato.
Il TPF ha assolto Qaasim Illi e Nicolas Blancho perché l'accusa non è riuscita a dimostrare i fatti.
Le reazioni
Il MPC si dice soddisfatto per il fatto che i film siano stati considerati come propaganda, ha dichiarato il portavoce André Marty. Un esame delle motivazioni scritte permetterà di valutare la rilevanza della sentenza per la lotta al terrorismo, ha aggiunto Marty.
Dal canto suo Cherni, contattato da Keystone-ATS, ha deplorato che il TPF non abbia affatto considerato le motivazioni alla base del film. Si trattava, ha detto il dirigente del CCIS, di rivolgersi ai giovani mettendoli in guardia da simpatie per l'Isis. Non può quindi essersi trattato di propaganda. Secondo Cherni, la sentenza di fatto impedisce a qualsiasi giornalista, senza un'approfondita analisi preliminare, di svolgere un'intervista in o riguardo alla Siria, dato che nel paese "di fatto ognuno potrebbe avere a che fare con al-Qaida".
L'atto d'accusa per violazione della legge federale che vieta le organizzazioni terroristiche al-Qaida, Stato islamico (Isis) e organizzazioni associate è stato articolato in particolare proprio attorno alla videointervista in cui Cherni, 26enne tedesco residente a Berna, che secondo i servizi segreti elvetici "da anni contribuisce a radicalizzare giovani musulmani in Svizzera e mobilitarli per la lotta jihadista", interroga il leader religioso.
Secondo la procura federale, le immagini con al-Muhaysini proposte dal CCIS non sono "un'intervista giornalistica in esclusiva" condotta secondo le regole della professione, quanto piuttosto una piattaforma di propaganda islamista per lo stesso al-Muhaysini.
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