Il caso
Vicenda Caster Semenya, la Grande Camera della CEDU condanna la Svizzera
Immagine d'archivio/ © Shutterstock
Immagine d'archivio/ © Shutterstock
Ats
2 giorni fa
Nel luglio 2023 la CEDU aveva ritenuto che la Confederazione avesse violato il divieto di discriminazione e il diritto alla protezione della sfera privata della mezzofondista con iperandrogenismo. Tale decisione è ora stata confermata anche dalla Grande Camera.

La Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha condannato la Svizzera nel caso della sudafricana Caster Semenya relativo ai livelli di testosterone nelle atlete. Secondo i giudici l'atleta non ha avuto accesso a un processo equo. Semenya denunciava un regolamento dell'Associazione internazionale delle federazioni di atletica (IAAF, dal 2019 denominata World Athletics) che le imponeva di ridurre il suo livello naturale di testosterone per poter partecipare alle competizioni internazionali nella categoria femminile. Dopo il Tribunale arbitrale dello sport (TAS) di Losanna, nel 2020 anche il Tribunale federale (TF) ha dato torto alla sudafricana. Ha ritenuto che il regolamento contestato fosse una misura appropriata e necessaria per raggiungere gli obiettivi legittimi di correttezza sportiva.

La condanna della CEDU

La CEDU, nel luglio del 2023, ha poi sconfessato il TF ritenendo che Semenya non ha beneficiato di sufficienti garanzie istituzionali e procedurali all'interno della Confederazione. La Svizzera ha inoltre violato il divieto di discriminazione e il diritto alla protezione della sfera privata della mezzofondista con iperandrogenismo. Nella loro sentenza odierna, la maggioranza dei giudici - 15 contro 2 - della Grande Camera della CEDU hanno ritenuto che il diritto dell'atleta a un processo equo (art. 6 della Convenzione) è stato violato dalla Svizzera. In particolare, il riesame da parte del TF della decisione del TAS non ha raggiunto il livello di approfondimento richiesto. Dopo aver sottolineato lo "squilibrio strutturale" della relazione tra federazioni sportive e atleti, i giudici di Strasburgo hanno osservato che il diritto a un processo equo della ricorrente imponeva un "esame particolarmente rigoroso del suo caso". Questo perché la competenza del TAS le era stata imposta da un'istanza sportiva, e non dalla legge, e la controversia riguardava diritti civili che, nell'ordinamento interno, corrispondono a diritti fondamentali.

Requisiti non soddisfatti dal TF

Tuttavia, il riesame effettuato dal TF non ha soddisfatto tali requisiti. In particolare, non sono stati approfonditi diversi aspetti lasciati in sospeso dal TAS. Quest'ultimo aveva per esempio evidenziato le difficoltà che le atlete interessate potevano incontrare nel mantenere i livelli di testosterone al di sotto del limite imposto dal regolamento di World Athletics, una questione che determinante nel caso in esame. La Grande Camera della CEDU ha invece respinto altri punti sollevati da Semenya, in particolare quelli sul diritto alla privacy e sulla discriminazione. Berna dovrà ora rimborsare a Semenya 80'000 euro per le spese legali. La sportiva, che ha un eccesso naturale di ormoni sessuali maschili, è in lotta con World Athletics da oltre dieci anni. Nell'aprile 2018, quest'ultima ha definito una soglia massima di testosterone per gareggiare con le donne su distanze che vanno dai 400 metri al miglio (1609 m), compresi gli 800 metri in cui Semenya eccelle.

I tag di questo articolo