
Il mondo dello sci è ancora scosso dalla prematura morte di Matteo Franzoso, 25enne italiano vittima di un tragico incidente avvenuto durante un allenamento sulla pista di La Parva, poco distante dalla capitale cilena, lo scorso 13 settembre. Il giovane velocista, ricordiamo, è deceduto dopo due giorni di coma farmacologico, alla vigilia del suo 26esimo compleanno. I funerali si terranno martedì 23 settembre.
"Non si può andare a sciare e non tornare a casa"
Un dramma arrivato a meno di un anno dalla morte di un'altra giovane sciatrice, Matilde Lorenzi, e che ha riportato al centro dell'attenzione il tema della sicurezza sulle piste da sci, sia per quanto riguarda le gare, sia per gli allenamenti. "Non si può andare a sciare e non tornare a casa, è arrivato il momento di fermarsi", ha scritto su Instagram Lucrezia Lorenzi, sorella di Matilde. "I nuovi sci sono troppo veloci, è ora di cambiarli. Eliminare del tutto il rischio è impossibile, ma bisogna fare qualcosa", ha detto l'ex discesista italiano Kristian Ghedina. "Ma vi rendete conto che sport pratichiamo? Non lascia spazio per nessun errore", ha invece scritto Tina Maze, mentre per Alexis Pinturault "la rabbia prevale e bisogna cambiare le cose". Secondo Adrien Theaux "è tempo che le parti interessate (Federazioni e atleti) si siedano a un tavolo per trovare una soluzione". Christof Innerhofer, che dalla seggiovia ha detto di aver visto il giovane compagno di squadra in barella, soccorso dagli specialisti, si dice "distrutto, sotto choc".
"Il rischio zero non esiste"
Oggi, a quattro giorni dalla morte di Franzoso e dopo le polemiche sulla sicurezza è arrivata la presa di posizione della Fis, la Federazione internazionale di sci e snowboard, che si dice "profondamente addolorata per la tragica scomparsa dello sciatore italiano" e "rivolge i propri pensieri alla sua famiglia, ai suoi amici, ai suoi compagni di squadra e all'intera comunità sciistica italiana, in lutto per questa devastante perdita". Momenti come questo, aggiunge, "mettono in luce i rischi profondi di questa attività e ricordano anche che la responsabilità di fare il possibile per ridurre i rischi è condivisa tra tutti (atleti, allenatori, organizzatori, associazioni e organi di governo)". Difatti, aggiunge, "non è possibile eliminare i rischi, ma ascoltando, sensibilizzando e promuovendo il dialogo si può cercare di ridurli".
Ecco cosa bisogna fare
"Insieme alle Federazioni nazionali di Sci, ai Comitati organizzatori locale, agli allenatori e agli atleti bisogna identificare dove sono presenti i rischi maggiori al fine di sostenere una cultura in cui la sicurezza è parte integrante di ogni decisione. La sicurezza negli allenamenti e nelle competizioni non richiedono solo la consapevolezza delle parti, ma anche un impegno collettivo di tutta la 'famiglia dello sci'". Per questo, "attraverso l'Unità Salute Atleti, la Fis sta implementando un approccio scientifico e sistematico incentrato sul benessere degli atleti che va sviluppando anche in stretta collaborazione con tutti i partners". Un esempio in questo senso sono "gli airbag, gli attacchi con sgancio elettronico e le nuove tecnologie nello sviluppo dei caschi". Tutto con un solo obiettivo: "il benessere e la sicurezza degli atleti devono venire prima di tutto".