
Sono passati 18 giorni dall’annuncio dell’HC Lugano dell'ingaggio Mario Kempe. Il 35enne fin qui non ha ancora messo a segno punti, ma con lui in pista, i bianconeri non hanno mai perso e sono reduci da 4 vittorie consecutive. La sua partenza dal Luleå aveva fatto molto discutere in patria, con i tifosi del suo vecchio club che lo avevano criticato ferocemente sui social e in pista. Ora, a 18 giorni di distanza, Mario Kempe ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti: "Inizialmente ho scelto di mantenere un profilo basso. Ho ricevuto questo suggerimento dal sindacato dei giocatori e dagli psicologi che loro mi hanno messo a disposizione. Inoltre, ho anche sentito il bisogno di lasciare trascorrere un po' di tempo, così da poter parlare a mente fredda” racconta Kempe al quotidiano svedese Aftonbladet.
L'ansia a Luleå
“Non mi sentivo bene a Luleå, mi bastava vedere la pista per farmi venire l’ansia. È così dall'estate scorsa, quando sono tornato dal mio secondo grave infortunio al ginocchio. Ho contattato presto il mio agente e gli ho detto che forse per me sarebbe stato meglio lasciare il club”, dichiara Kempe. “Ho parlato anche con il Luleå della mia ansia e della mia depressione, dicendo loro che non posso giocare quando mi sento così. In seguito, il medico del club mi ha dato degli ansiolitici per farmi sentire meglio. Non so da dove venga questa malattia. Il club ha detto qualcosa sul desiderio di essere più vicino alla famiglia. Ma da Luleå è facile raggiungere la famiglia a Stoccolma, ci sono molti voli ogni giorno. Non è questo il punto. Sono un giocatore di hockey, ho vissuto per l'hockey tutta la vita. Penso sempre all'hockey. Ma quando ho sentito di non poter più performare al massimo sul ghiaccio, sono entrato in una spirale negativa. Non avevo energia e avevo problemi a dormire. È stato stressante rientrare dopo i problemi al ginocchio", sostiene l'attuale attaccante del Lugano. "Durante l'autunno, ho iniziato a parlare con il Luleå di come mi sentivo e ho suggerito che forse per il club sarebbe stato meglio dare tempo di ghiaccio ai giocatori più giovani o di usare il mio stipendio per altre soluzioni”.
La risoluzione consensuale con il club
La situazione, per club e giocatore, si era fatta difficile. Non è infatti insolito che un giocatore voglia andarsene a stagione in corso, ma Kempe, scrive Aftonbladet, era una delle stelle della squadra, il giocatore più pagato, il leader che doveva trascinare la squadra: “Continuavo a discutere della situazione con il club, ma, arrivati a dicembre, mi sentivo così male da non poter più giocare. Le soluzioni sul tavolo erano quindi due: ritirarmi, oppure rompere il contratto. Thomas Berglund (l’allenatore del Luleå, ndr) era convinto del fatto che dovessi smettere di giocare, invece di cambiare squadra. Io però continuavo a sperare che potessimo trovare una soluzione, e infine è quello che abbiamo fatto. Quando il Luleå è uscito allo scoperto e ha detto che non facevo più parte della squadra, alcuni club hanno iniziato a contattarmi” spiega Kempe.
La reazione dei tifosi
A fine dicembre, durante una partita casalinga del Luleå, i tifosi hanno esposto uno strisione estremamente duro nei confronti di Mario Kempe, in cui tra le altre cose gli auguravano di avere problemi perenni alle ginocchia:
“Personalmente non ho visto lo striscione. Ho cancellato i social media e spento il telefono. Amici e compagni mi hanno però raccontato ciò che è stato detto ed esposto. È difficile, ovviamente. La passione è una cosa positiva, ma non quando oltrepassa il limite. La cosa strana è che molti tifosi pensavano che dovessi essere licenziato, perché le mie prestazioni erano pessime. Ma ora che me ne sono andato, sono comunque arrabbiati”. Nelle ultime settimane, rivela Aftonbladet, il centro svedese ha ricevuto tantissime reazioni nei suoi confronti. Il suo cellulare, tra messaggi e segreteria telefonica, era pieno di persone con opinioni sul giocatore e sulla persona Mario Kempe: “Ho scacciato l'odio. Sono i troll online a diffonderlo. Adesso ho 35 anni e so che non si dovrebbe prendere sul serio cose del genere. Non ho nemmeno fatto una denuncia alla polizia per quello che mi è stato detto. Ho visto anche che molte persone pensano che io guadagni di più a Lugano, ma non è vero. Se fosse stata una questione di soldi, sarei rimasto a Luleå. Io e il Lugano abbiamo diviso le spese per il buyout e stimo che ora guadagno circa il 30-40% in meno di quanto avrei guadagnato se avessi onorato il mio contratto con il Luleå. Ho guadagnato dei bei soldi durante mia carriera e ora voglio solo giocare e sentirmi bene”.
L'arrivo a Lugano
“Anche a Lugano parlo ancora con uno psicologo e prendo un giorno alla volta. Forse mi va bene giocare all'estero, in modo da passare un po’ inosservato. Inoltre anche cambiare ambiente si è rivelato utile per me. È un’opportunità per ricominciare da capo, con nuove routine. Cerco di camminare ogni giorno e di stare all’aperto, mi fa sentire bene. Voglio giocare ancora qualche anno. Poi magari lavorerò con mio padre. O forse farò l’opinionista in televisione. Guardo molto hockey e mi interessano i dettagli. Sarei felice di restare a Lugano, vedremo cosa succederà. Sono un tifoso del Djurgårdens e in futuro mi piacerebbe anche giocare lì. Vedremo cosa accadrà. Adesso l'attenzione è solo sul Lugano e se riusciamo a trovare la quadratura del cerchio, possiamo andare lontano nei playoff” conclude Mario Kempe.