Calcio
Ignacio Aliseda: "Pensavo di smettere di giocare"
Redazione
2 anni fa
Ignacio Aliseda si racconta a 360° ai microfoni di Ticinonews, dall'esperienza negli Stati Uniti fino al Lugano, e ai suoi sogni da Nazionale.

"Nacho" Aliseda ha dato prova di essere un giocatore rinato dando al Lugano quella spinta in più per giocarsi un posto importante in campionato e la possibilità di vincere la Coppa Svizzera. Il suo debutto nel calcio è stato in Argentina, nel Defensa y Justicia: "Tutto è iniziato in Argentina, nella squadra Defensa y Justicia. Poi, sono andato a Chicago e infine sono arrivato a Lugano. Però ho iniziato a giocare a calcio nel “barrio” di Buenos Aires. A Buenos Aires si vive di calcio. I bambini ci giocano tanto. Da piccolo guardavo il Boca, la mia squadra del cuore. Adesso guardo tanto calcio, mi piacciono le squadre che giocano bene e soprattutto Defensa y Justicia, dove ho debuttato. Ho iniziato a seguire il calcio internazionale con i Mondiali di calcio del 2006 in Germania. E, ovviamente, mi piaceva l’Inter di Diego Milito. Ma mi piaceva anche guardare il Barcellona di Messi", ci racconta Aliseda.

Il valore della famiglia

"La famiglia per me è molto importante", prosegue l'attaccante del Lugano. "È la cosa più importante che ho. In Argentina, sia i giocatori sia la gente si identifica molto con la famiglia: per me è tutto. Non andavo bene a scuola, non mi piaceva. Ovviamente, questo non piaceva tanto a mia mamma. Nello sport, invece, andavo bene. È stato difficile far accettare a mia mamma che volevo fare il calciatore. Quando ne abbiamo parlato ero molto giovane, avevo 15 anni. Lo ha accettato, ho lasciato la scuola e ho potuto fare il calciatore. La mia prima partita da professionista era in Copa Sudamericana. Inizialmente, la mia famiglia non poteva venire allo stadio, perché non aveva i soldi. Ma alla fine siamo riusciti ad averne per entrare. Ho giocato 20 minuti e ho segnato il mio primo gol: incredibile. È difficile andare a giocare sapendo che la tua famiglia non ti può seguire, ma in fondo sapevo che mi sostenevano anche a distanza. Volevano il meglio per me, quindi ero tranquillo", dice Ignacio Aliseda.

L'esperienza negli Stati Uniti

L'attaccamento alla famiglia e alla sua terra non ha impedito ad Ignacio Aliseda di coltavare il suo sogno negli Stati Uniti, più precisamente con i Chicago Fire, non senza difficoltà: "Andare a Chicago è stata la miglior scelta che ho fatto. La squadra era forte, ho parlato con la mia famiglia e voleva che andassi a Chicago", continua il centravanti. "Non è stata una decisione difficile, ma era complicata. Ero un giocatore importante di Defensa y Justicia e andarmene così giovane non era semplice. Per me e la mia famiglia da quel momento è cambiato tutto. È andato tutto molto velocemente. Pensavo di avere un po’ più di tempo a disposizione per trasferirmi, ma per me e la mia famiglia è stata la decisione migliore. Io ero a Chicago. Loro erano in Argentina, poi a marzo è arrivato il COVID. Sono stato solo per due anni a Chicago. Per me è stata un’esperienza molto difficile. A Chicago c’era un ragazzo che conoscevo, avevo già giocato con lui. Andavamo a mangiare assieme, ma mi mancava la mia famiglia. Con loro al mio fianco le cose sarebbero andate diversamente. Non averli vicino era difficile, perché quando giochi a calcio e li vedi in tribuna sei felice. Avevo 20 anni ed ero comunque giovane, anche se stare da solo mi ha fatto bene. Continuavo a pensare che Chicago aveva investito tanto su di me: mi mettevo tanta pressione sulle spalle e non riuscivo a dare abbastanza. Anche i primi mesi a Lugano era così. Ci pensavo tutto il tempo, ma non riuscivo a dimostrare il mio valore. Lo staff di Chicago me ne ha parlato, ma sempre con rispetto. Sapevo di avere il loro sostegno ed era importante che mi ascoltassero e capissero perché ero ancora giovane. In ogni caso mi hanno sempre aiutato", puntualizza l'attaccante bianconero.

L'approdo sulle rive del Ceresio

Aliseda ha poi proseguito la sua carriera dove sappiamo tutti. Il suo approdo in Europa è stata una scelta importante, che con il passare del tempo sta dando i suoi frutti: "In quel periodo è arrivato il Lugano. Ho parlato con Croci-Torti e mi ha detto che qui avrei giocato. L’idea mi è piaciuta, l’ho vista come una sfida. Il Lugano aveva una buona classifica. Venire qui è stato molto positivo per me. Potevo scegliere tra rimanere a Chicago o venire a Lugano. Ho parlato con Croci-Torti per vedere cosa si aspettasse da me. Mi ha detto che sarei diventato un giocatore importante e a Chicago ho detto che sarei venuto qui. I primi mesi sono stati difficilissimi: non giocavo e non avevo ritmo, non avevo la famiglia a fianco, ma poi è andato tutto per il verso giusto. I primi mesi però sono stati proprio duri. Prima di arrivare, non immaginavo un club così. Chicago era una squadra improntate e venire qui non è stato facile. Ho dovuto adattarmi alla città di Lugano. Quando sono venuto qua ho pensato “Ma perché?”. Ma era il progetto che Dio aveva per me", sostiene Ignacio Aliseda. "Non sono arrivato in forma", prosegue "Nacho": "Non avevo voglia di giocare, non avevo la testa. Nello stesso periodo ho avuto problemi che non potevo risolvere. Non potevo dare al club quello che si aspettava da me: non avevo la testa, mi infortunavo spesso, è stato il periodo peggiore. Ogni volta che mi allenavo mi facevo male. Stavo così male che un giorno ho detto a mia madre che pensavo di smettere. Sentivo che non riuscivo a dare nulla. Ma poi mi hanno mandato a giocare con il Lugano II. Ho ritrovato il mio gioco e vincevamo, ma la prima squadra andava bene e non aveva bisogno di me: questo mi ha fatto male. Mi ha salvato il Mondiale. Ero da solo a casa a vederlo. La vittoria dell’Argentina mi ha caricato. Pensavo che se avessi fatto delle scelte migliori, avrei potuto esserci. E il fatto di aver giocato con giocatori della Nazionale, mi ha motivato. Da Silva mi parlava spesso, mi diceva che potevo fare la differenza. Il suo sostegno è stato molto importante", ricorda l'attaccante del Lugano.

La svolta

"Sono andato dallo psicologo 2-3 volte e mi ha cambiato la testa", ribadisce Ignacio Aliseda. "Era la prima volta che avevo bisogno di parlare con qualcuno. Ho cambiato mentalità. Parlare con lui mi ha fatto tornare la voglia di giocare. Ero più positivo, passavo più tempo in famiglia. Parlare dei miei problemi mi ha fatto bene. Adesso, prima delle partite, mi parlano tutti. Il pubblico mi applaude quando scendo in campo. È speciale perché prima non riuscivo a dare il meglio di me. Adesso finalmente gioco bene e posso aiutare la squadra. Contro il GC ho fatto una grande partita, ma la mia migliore è stata quella contro il Servette. L’anno scorso in Coppa ho giocato 22 minuti, quest’anno la voglio vincere da protagonista. L’anno scorso non mi sentivo parte della squadra, pensavo fosse la coppa di chi l’aveva giocata, non la mia. Quest’anno è cambiato tutto e voglio vincerla. Ho un buon rapporto con Croci-Torti e il “Prof” Townsend. Adesso che parlo la lingua, è più facile. Si può scherzare, ma quando bisogna essere serio lo sono", ricorda Aliseda.

"Sogno la Nazionale"

Ignacio Aliseda ha avuto una crescita esponenziale nell'ultimo periodo, che ha permesso al giocatore di avere più sicurezza nei propri mezzi: "In Argentina mi chiamavano “Nachito” o “Nacho”. Non mi piacciono tanto i soprannomi. Nacho è un diminutivo di Ignacio, come Francisco diventa “Pancho”. Il CdT mi ha chiamato il “Messi delle Alpi”. Lo ha scoperto mia mamma, è stato incredibile. Meglio Messi o Maradona? Indubbiamente Messi. Questo mio percorso è importante per quello che faccio adesso. Sento che posso diventare un giocatore ancora più forte. Il mio obiettivo sul corto termine è di vincere la coppa., ma c’è anche un secondo posto da conquistare. Sarebbe bellissimo giocare la Champions League. Piacerebbe a tutta la squadra. E poi… sogno la Nazionale. In squadra ho un bellissimo rapporto con Valenzuela e Sabbatini. Mi hanno aiutato molto quando sono arrivato. Non so dove vorrei giocare in futuro. Penso al Lugano, poi si vedrà. Il mio sogno sarebbe giocare nel Boca Juniors. Un giorno mi piacerebbe tornare in Argentina per la gente, la mia famiglia e per quello che rappresenta il Boca. Mi potete augurare il meglio. Tutto quello che mi dite mi serve a migliorare e per iniziare una nuova carriera con la testa a posto. Penso che sia importante augurare sempre il meglio a qualcuno", conclude Ignacio Aliseda.

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