Calcio
Alessandro Colombi lascia il Team Ticino: "Ci vuole dialogo e ad oggi ce n'è poco"
Redazione
2 anni fa
Alessandro Colombi commenta la scelta di lasciare il Team Ticino a Ticinonews Sport: "Non ci siamo ancora resi conto che come nel calcio se non uniamo le forze quando passiamo il Gottardo siamo deboli".

Alessandro Colombi ha lasciato la vicepresidenza del Team Ticino. A Ticinonews Sport ha spiegato le motivazioni che l'hanno spinto ad abbandonare la carica. Sono soprattutto mancanza di dialogo e visioni differenti che hanno pesato sulla sua decisione. 

Come mai ha lasciato il Team Ticino?

"Questa scelta ha delle motivazioni ben fondate. Nel 2020 ho cominciato come rappresentante, prima del Lugano poi del Bellinzona in seno al Team Ticino. Nell’ultima annata sono stato anche vice presidente. I miei intenti erano quelli di cercare di rilanciare l’immagine del Team Ticino all’interno del contesto calcistico ticinese. Volevo che il Team Ticino non fosse considerato un disturbo per le società minori, ma che fosse veramente un qualcosa a cui aspirare per i giovani. Purtroppo, invece, nonostante un grande impegno non sono riuscito a cambiare questa cosa. Il fatto che lo testimonia è stato in alcuni casi dove il Team Ticino ha cercato un campo, perché i campi di Tenero non erano disponibili, per affrontare le partite di campionato. Sono sempre state negoziazioni difficili. Non è mai stata una festa il fatto che il Team Ticino andasse a giocare in altre località della nostra regione. Il secondo motivo, forse anche più importante, che mi ha portato a dare le dimissioni è il fatto che è un problema del Team Ticino e un problema del calcio giovanile, ma è anche un problema dello sport d’élite in Ticino. In Ticino lo sport d’élite sta diventando d’impronta professionistica già a 15 anni. A 15 anni si devono già fare delle scelte. Un ragazzo che decide di fare un percorso formativo liceale ad un certo punti si ritrova confrontato con delle scelte che fanno si che il ragazzo non riesce più a portare avanti la sua formazione scolastica e la formazioni di sportivo d’élite. Il nostro cantone in questo settore è indietro. Il Team Ticino ha deciso di prendere un strada ben definita sul fatto che un ragazzo per poter restare all’interno e fare un certo percorso che prevede per esempio il martedì di fare un doppio allenamento, deve quasi giocoforza fare la scuola privata o quella professionale di Tenero. Per me imporre delle scelte ai ragazzi di 15 anni vuol dire precludergli un futuro professionale di un certo tipo. Questa è la motivazione che mi ha spinto ad uscire dal Team. È un problema ampio questo: è un problema anche dell’hockey. È un problema che deve essere portato sui tavoli del DECS: ci deve essere collaborazione. Mi spiace perché fino a tre anni fa, quando Massimo Immersi era direttore del Team Ticino c’era una certa collaborazione, si è sempre cercato di trovare una soluzione. Nicolas Muci per esempio ha fatto il liceo pubblico e poi ha optato di andare a terminare il percorso liceale in una scuola privata. C’era però un dialogo. Purtroppo quest’anno ci sono state delle cose che hanno portato a qualcosa di differente".

Cosa non è stato possibile fare, cosa non è stato fatto fino ad oggi per far sì che il Ticino senta come proprio il Team Ticino?

"Io sono felice di essere nella Svizzera Italiano e vivere in questo bellissimo posto da più di vent’anni. Purtroppo siamo confrontati con un campanilismo su probabilmente qualsiasi cosa. Non ci siamo ancora resi conto che come nel calcio se non uniamo le forze quando passiamo il Gottardo siamo deboli. Manca il coinvolgimento di altre squadre come per esempio chi è in prima promotion, in Prima Classic o Interregionale. Dovrebbero essere nel gremio del Team Ticino. Non tutti riescono ad arrivare in Challenge o in Super. Ad oggi questi contesti sono esclusi. Non c’è un qualcosa che regoli i rapporti tra le società. Ci possono essere delle collaborazioni però mi viene da dire che sono estemporanee. È ancora una questione di o Lugano o Bellinzona. Negli anni si è continuato a discutere sui nuovi statuti e chi comanda e si è perso il senso di quello che è un’associazione. È facile che la gente si faccia un opinione di conflitto che ha portato un immagine del Team Ticino sbagliata".

La nascita del problema coincide con l’arrivo della nuova dirigenza al FC Lugano e con Roman Hangarter. È sbagliato?

"Non voglio assolutamente criticare Roman con il quale ci siamo sempre parlati apertamente. Lui sa esattamente come la penso. È chiaro che ha portato una visione troppo professionistica per dei ragazzi di 15/16 anni. È una sua opinione, quindi lui ha avuto la carica da direttore di Team Ticino quindi porta avanti le sue convinzioni. Il dialogo aperto è l’unico modo per fare crescere tutto. In qualsiasi ambiente. Io mi permetto di dire che non ero d’accordo con questa linea e ho fatto un passo indietro"

Quanto queste decisioni secondo te sono legate al passato di Hangarter? Lui ha lavorato a Grasshopper, in un contesto diverso.

"Il contesto è completamente differente. Noi siamo in un’area di confine dove è inevitabile dove dobbiamo prevedere un certo tipo di formazione scolastica altrimenti saremmo sempre svantaggiati. Ben venga che ci siano le scuole professionali e i percorsi d’apprendistato. Ma ben venga anche che ci sia un livello di formazione liceale. Racchiudere un sogno ai ragazzi che hanno la motivazione per portare avanti le due cose mi sembra una forzatura. È chiaro che il contesto di Zurigo è differente. Secondo me bisogna considerare dove si atterra".

È possibile in Ticino portare avanti una formazione scolastica di alto livello e una formazione sportiva di alto livello?

"Secondo me è possibile però tutto parte da un dialogo dove entrambe le parti devono ascoltare le esigenze degli altri. Bisogna cercare di adattarsi. Se non ci si viene incontro si creano griglie orari dove in 2/4 allenamenti i ragazzi arrivano a Tenero alle 18:30 de pomeriggio. Ci vuole un dialogo continuo".

Pensi che questo ad oggi non venga fatto?

"Poco. Molto poco".

In questi mesi hai trovato un perché?

"È molto più facile dare le colpe agli altri. Proseguendo così non si arriva da nessuna parte".

Rientra in gioco anche il DECS in questo progetto ipotetico. Siete riuscite a fare passi avanti per discutere?

"Ad oggi è domandato alla singola scuola più che al DECS. C’è una buonissima collaborazione con il liceo cantonale di Locarno, dove ci sono diversi giocatori che giocano nel Team Ticino e frequentano il liceo. Chiaro, Locarno è facilitata rispetto a Lugano grazie al trasporto del treno. Anche il liceo cantonale di Lugano ha un tutor che segue i ragazzi, però ha delle esigenze, anche perché il liceo di Lugano ha un numero di alunni e professori che fa si che il tutto diventa più complesso".

Non sarebbe meglio che venisse istituita una scuola centralizzata?

Certamente. Però ci vuole la volontà da parte di un DECS per poter affrontare qualcosa che prevede la formazione liceale per chi pratica lo sport d’élite. Le parti devono parlarsi e trovare delle soluzioni. Il Team Ticino non riesce a sviluppare da solo questa cosa".

Tu non potevi essere la persona giusta per fare questo lavoro.

"Potevo anche esserla. Mi sarebbe piaciuto. Adoro il calcio, lo sport e i giovani. Mi ero messo a diposizione perché vedo i sacrifici che fanno questi ragazzi ed è giusto che possano crescere in un contesto armonico. Tutta la vita siamo confrontati con delle scelte. Se a 15 siamo confrontati con queste scelte  ame sembra una forzatura. Ad oggi quindi non ci sono i presupposti".

Un mese non rimpiangerai questa decisione?

"Qualche rimpianto ci sarà sicuramente, però non penso che fra un mese o sei mesi ci saranno presupposti differenti. Preferisco dedicare il tempo al nostro gruppo.

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