
“No, non è l’ideale. Non è stato come me l’aspettavo. Avrei voluto e sperato di chiudere in un altro modo la mia carriera”. Julien Vuaclair, 41 anni a ottobre, ha visto interrompersi così la sua ultima stagione. Da un giorno all’altro i pattini del giurassiano si sono appesi al muro. A metterci il chiodo questo maledetto corona virus. “Oggi l’hockey passa in secondo piano. Mi sta a cuore la salute delle persone. Personalmente non sono preoccupato ma penso a chi ha problemi di salute e ai nostri anziani. La situazione è semplice: facciamo quello che ci chiedono le autorità. Accettiamolo e obbediamo!”
Per l’ormai ex numero 3 questi sono giorni di bilancio, al termine di una carriera lunghissima. “Sono stato fortunato. Giocare fino a 40 anni non è da tutti. Mai avrei pensato di poter avere un percorso simile nel mondo dell’hockey. Per il momento sono sereno. Certo, ad agosto quando le squadre torneranno sul ghiaccio qualcosa mi mancherà. Avrei ancora la voglia di giocare anche perché in questa stagione mi sono sentito davvero bene. Allo stesso tempo sono però anche che a tirare troppo la corda, prima o poi si spezza.”
Più di 20 anni a fare su e giù sulle piste di mezzo mondo. Grazie al talento innato o al duro lavoro?“Se sono arrivato sin qui è grazie alla mia etica del lavoro. In molti mi reputavano un giocatore di talento. Di base, è vero, ne avevo ma il segreto è stata la mia attitudine al lavoro. A 25 anni puoi anche permetterti di non spingere sempre a fondo. Più passa il tempo e più sei invece obbligato a curare i dettagli: la preparazione, la nutrizione, il riposo,...”
Nella vita di uno sportivo le gioie si susseguono alle delusioni. Anche per Vauclair è così.“Ho passato momenti esaltanti e altri deprimenti. Indimenticabili restano i due titoli con il Lugano e l’argento ai mondiali con la nazionale. Non ho rimpianti. Forse ripensando ai miei tre anni in nord America qualcosa cambierei. Ho giocato una partita in NHL. Ne avrei potute disputare di più? Magari chiedendo di essere ceduto ad un’altra squadra sì ma adesso non ci penso più.”
Dopo la NHL il ritorno a Lugano. Un amore che non si è mai spento.“Non ho mai avuto voglia di cambiare aria. Un paio di volte ho parlato con altre squadre e valutato le mie opzioni ma alla fine ha sempre prevalso il desiderio di restare in un realtà dove mi sono sempre trovato benissimo. Per motivi sportivi e anche economici sarei potuto partire ma avrei dovuto rinunciare ad un ambiente in cui mi sono da subito riconosciuto.”
Una fedeltà ai colori ripagata con un ruolo fuori dal ghiaccio. Vauclair da subito diventa il capo scout del club bianconero.“Andrò a vedere una miriade di partite. Cercherò nuovi giocatori e terrò sott’occhio i nostri giovani. Conosco la realtà e ho grandissime motivazioni perché so esattamente cosa aspettarsi.”
E invece i tifosi, cosa possono aspettarsi. Tornerà mai il Lugano ha festeggiare la vittoria di un campionato?“Sì, sono convinto che prima o poi un titolo lo vinceremo. Non posso dire quando; forse l’anno prossimo, forse servirà più pazienza. La verità è che il nostro hockey è cambiato tantissimo. Fino a qualche tempo fa ad agosto già si sapeva che la vittoria se la contendevano tre squadre. Oggi è tutto diverso, tutti possono battere tutti. Per esempio sono convinto che se avessimo disputato i playoff per lo Zurigo non sarebbe stata una passeggiata sconfiggerci malgrado l’ampissima differenza di punti maturata nel corso della regular season.”
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