
In tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, non è raro che la lettura di giornali e riviste diventi una fonte quotidiana di tristezza e preoccupazione. Tra cronaca, guerre e genocidi, capita spesso di cercare sollievo in qualche titolo satirico, che porti un po’ di leggerezza in un mondo così cupo e violento. Con questo spirito sfogliavo l’altro giorno il settimanale La Domenica, sperando di trovare qualcosa che mi strappasse un sorriso.
Quando mi sono imbattuto nel titolo “Giovani politici europei e statunitensi rilanciano il dialogo atlantista. A Washington c’era anche un ticinese”, ho pensato di aver trovato proprio ciò che cercavo. L’idea che un mio concittadino, proveniente da un Paese neutrale, si fosse recato nella capitale americana per “rilanciare il dialogo atlantista” mi è sembrata quasi comica, e non ho potuto fare a meno di sorridere. Purtroppo, ho capito presto che di divertente c’era ben poco.
Il ticinese in questione è il trentaduenne Michele Roncoroni, segretario internazionale dei Giovani del Centro, il quale ha spiegato a La Domenica le sue impressioni e priorità al summit.Roncoroni si dichiara anzitutto stupito dal “sentimento antieuropeo” presente nella politica statunitense e spiega come sia necessario ripensare al “nostro rapporto reciproco con un dialogo costante e su fondamenta solide”. Prosegue con frasi come “se la guerra è cambiata, anche la pace deve cambiare” (riferendosi probabilmente al conflitto in Ucraina), ed evidenzia l’urgenza di avere “fiducia tra alleati, non solo a parole ma anche nei fatti. Perché senza fiducia non c’è deterrente”. Conclude, nel suo discorso di chiusura, con: “Il futuro dell’alleanza transatlantica non è garantito, ma deve essere scelto, costruito e difeso da noi”.
Ciò che può sconcertare il lettore (e che ha sconcertato anche il sottoscritto) è constatare l’identità di colui che ha dichiarato quanto scritto sopra. A parlare di “fiducia fra alleati” e delle “nostre” responsabilità nel “futuro dell’alleanza transatlantica” non è stata né Ursula von der Leyen, né Kaja Kallas, né il segretario della NATO Mark Rutte; è stato il segretario di un’organizzazione politica giovanile che agisce in un Paese neutrale.
Ma procediamo con ordine. Partiamo dallo stupore di Roncoroni nel notare l’antipatia degli americani per l’Europa; uno stupore facilmente evitabile con lo studio della politica estera degli Stati Uniti dal secondo dopoguerra a oggi. Gli USA sono una potenza egoista che tende a massimizzare la propria sicurezza a discapito di quella dei suoi alleati. Prendiamo ad esempio la crisi missilistica di Cuba del 1962: pur di ottenere la rimozione dei missili sovietici dall’isola, Kennedy si accordò con Chruščëv promettendo il ritiro dei missili Jupiter dalla Turchia, i quali avrebbero dovuto proteggere l’Europa da un’ipotetica invasione. Praticamente in ogni conflitto da loro intrapreso, gli americani hanno sostenuto i propri alleati fintanto che ciò giovava ai loro interessi. Tale legge non scritta sussisteva e sussiste tutt’ora in riferimento alla guerra in Ucraina: gli USA hanno sostenuto l’Europa fintanto che ciò comportava dei vantaggi. Meno vantaggi, meno sostegno.
Nelle dichiarazioni successive, Roncoroni parla del rapporto fra USA ed Europa riferendosi alla “nostra alleanza”. Usare il pronome possessivo “nostra” avrebbe senso se Roncoroni fosse un politico europeista e atlantista che rappresenta un Paese aderente alla NATO o all’Unione Europea: peccato che il soggetto in questione provenga da un Paese che non aderisce né all’una né all’altra organizzazione, e che addirittura fa del non allineamento un suo principio fondamentale. Viene dunque spontaneo chiedersi a chi si riferisca Roncoroni quando parla di “alleati” o di ruoli nell’”alleanza transatlantica” occupati da “noi”
C’è poi l’ambigua frase: “Se la guerra è cambiata, anche la pace deve cambiare”, una guerra che, a dirla tutta, non sarebbe nemmeno dovuta iniziare se l’alleanza di cui parla Roncoroni non si fosse espansa fino ai confini con la Russia. Per quanto riguarda invece la pace, temo che al giovane del Centro sia sfuggito il fatto che, dal 24 febbraio 2022 a oggi, la linea ufficiale della sua amata “alleanza transatlantica” (o meglio, della NATO e dell’UE) sia stata la sconfitta della Russia sul campo tramite l’invio di armi e l’esecrazione della diplomazia: gli ingredienti perfetti per una crisi nucleare globale. Strano che un giovane democristiano abbia già scordato gli appelli di Papa Francesco che parlava non solo di pace ma condannava la NATO che abbaiava ai confini russi per provocarne la reazione.
Ironia a parte, è più preoccupante che comico il fatto che un dirigente del movimento giovanile del quarto partito svizzero partecipi a summit atlantici parlando come un alto dirigente di alleanze a cui il suo stesso Paese non aderisce. Discorsi sul riarmo, la deterrenza, i “fatti concreti” fra “alleati” altro non sono che un ulteriore campanello d’allarme di un dato ben preciso: parte della nostra classe politica ha ormai tradito la neutralità ed è salita sul carro guerrafondaio di UE e NATO. Purtroppo, ad aver ceduto non sono solo i partiti borghesi, ma addirittura la stessa sinistra socialdemocratica, un tempo campione di pacifismo tanto da aver proposto l’abolizione dell’esercito e il divieto di esportare materiale bellico e oggi ubbidiente ai diktat del peggior militarismo europeo. Si pensi alla recente dichiarazione del Consigliere Federale Beat Jans (Partito Socialista), il quale ha paragonato il nuovo accordo quadro con l’Unione Europea al patto del praticello del Grütli, atto fondativo della Confederazione. Un accordo in “tempi difficili”, a detta sua, dimenticando che tali tempi difficili sono una diretta conseguenza delle politiche guerrafondaie e neoliberiste dell’organizzazione con cui vuole firmare tale atto di tradimento della neutralità e dei lavoratori!
Di fronte ai venti di guerra che si respirano e alla scellerata condotta della nostra classe politica, il Partito Comunista rimane l’unica alternativa pacifista e sociale a sinistra. Dicendo sì alla neutralità oggi saremo in grado di giocare un ruolo nel mondo multipolare di domani, ma soprattutto eviteremo che i nostri coscritti vengano spediti all’estero a rischiare la vita per guerre imperialiste come lo sono tutte quelle promosse dal blocco euroatlantico.
Adam Barbato-Shoufani, Coordinatore della Gioventù Comunista