
Come Comitato di Berna, gruppo di giovani giurist* italofon* impegnat* nella campagna contro l’Iniziativa per l’autodeterminazione lanciata dall’UDC svizzero, anche nota come ‘Il diritto svizzero anziché giudici stranieri’, per la quale si voterà nel novembre 2018, riteniamo importante chiarire alcuni concetti fondamentali. Questa necessità di fare chiarezza nasce dalla lettura di un’intervista al Consigliere federale Ignazio Cassis e riportata dal Corriere del Ticino (si veda CdT 26.4.18), nella quale il Consigliere parla di “giudici stranieri” in un contesto che non ha nulla a che vedere con l’iniziativa dell’UDC.
Concretamente, l’iniziativa chiede che nella Costituzione federale venga iscritta la predominanza del diritto nazionale sul diritto internazionale. Tra le innumerevoli implicazioni di quest’iniziativa c’è la messa in discussione dell’adesione della Svizzera alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CorteEDU). Data la complessità dei temi affrontati dalla modifica della Costituzione, ogni semplificazione può risultare pericolosa ai fini di una reale comprensione delle concrete implicazioni in gioco. Nell’intervista, Ignazio Cassis ha in effetti parlato di “giudici stranieri” riferendosi alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) e alle difficoltà che esistono nei negoziati con quest’ultima riguardo l’accordo quadro. Appare evidente che riferirsi alla Corte di giustizia dell’UE con gli stessi termini che l’UDC ha utilizzato e utilizzerà durante tutta la sua campagna nei mesi a venire per definire la CorteEDU, non solo porta ad ulteriore confusione, ma legittima quest’iniziativa pericolosa e ampiamente criticata da esperti della materia, dalla società civile, così come dal Consiglio federale stesso.
La Corte europea dei diritti dell’uomoLa CorteEDU è stata istituita nel 1959 dal Consiglio d’Europa, organo fondato nel 1949 in seguito alle atrocità commesse durante la Seconda Guerra mondiale. Il compito della Corte è quello di assicurare l’applicazione e il rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). La Corte conta attualmente 47 membri, tra i quali la Svizzera, che ha aderito al Consiglio d’Europa nel 1963 ed ha ratificato la Convenzione nel 1974. Nonostante si trovi a Strasburgo, la Corte non deve essere confusa con l’Unione europea, il Parlamento europeo o la CGUE, poiché non c’entra nulla con il sistema dell’UE ed è completamente indipendente da quest’ultimo. Basti pensare che tra i membri della CorteEDU ci sono la Russia e la Turchia, Stati che non sono certo membri dell’UE.
Chiunque ritenga che i suoi diritti fondamentali siano stati violati in Svizzera o in uno dei 47 Stati membri può ricorrere davanti alla Corte di Strasburgo. Si tratta quindi di una possibilità in più per chi ritiene che le autorità giuridiche svizzere non abbiano garantito una protezione adeguata dei diritti fondamentali, come ad esempio la libertà di espressione, il diritto al rispetto della vita privata e familiare o il diritto ad un processo equo, solo per citarne alcuni.
I giudici stranieriÈ innanzitutto importante chiarire chi sono i giudici della CorteEDU. L’articolo 20 della CEDU stabilisce che la Corte è composta da un numero di giudici uguale a quello degli stati che hanno sottoscritto il testo. Ne consegue dunque che la Svizzera ha diritto ad una o un giudice. Dal 2011 questo posto è occupato dalla professoressa Helen Keller. Quest’ultima fa sempre parte della Corte (composta da 7 o 17 membri) quando la Svizzera viene giudicata. Non va inoltre dimenticato che Carlo Ranzoni, giudice per il Liechtenstein, è un giurista svizzero. Facendo i conti, abbiamo il doppio dei giudici rispetto a qualunque altro stato membro.
In secondo luogo, vanno spiegati i motivi che hanno spinto l’UDC a lanciare quest’iniziativa. In una sentenza riguardante il rimpatrio degli stranieri emanata nel 2012, il Tribunale federale aveva confermato di essere vincolato dalla CEDU e dalla giurisprudenza della CorteEDU per quanto riguarda la valutazione dei casi di allontanamento, nonostante l'accettazione dell'iniziativa sull’espulsione. I promotori vogliono quindi ora ostacolare l'azione del Tribunale nelle cause in cui vengono invocati diritti garantiti dalla CEDU. Per questo motivo, l'iniziativa richiede che solo i trattati sottoposti a referendum siano vincolanti per il Tribunale federale. Tuttavia, la ratifica della CEDU del 1974 non è stata oggetto di referendum. L'iniziativa non si rivolge dunque in primo luogo ai "giudici stranieri", ma ai nostri stessi giudici. Parlare dunque di “giudici stranieri” ci sembra oltre che impreciso, anche fuorviante.
Valerie Debernardi e Martino Colombo, membri del Comitato di Berna
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