Leandro De Angelis
Trump e il falso mito del pacificatore
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Redazione
8 giorni fa
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Trump è di nuovo stato candidato al Nobel per la Pace ed è dunque una buona occasione per chiedersi se il mito del “Trump pacificatore” sia giustificato o meno. Anche in gruppi di persone che disprezzano Trump per i suoi atteggiamenti, le politiche interne e le sue tendenze autoritarie, si trovano dei sostenitori della sua politica estera, o almeno di alcuni aspetti di essa. Trump descriveva (giustamente) le guerre recenti degli USA come dei disastri, prometteva di non ripetere l’errore e di essere aperto alla distensione con paesi nemici, in nome della pace e degli affari. Da qui deriva questa visione del Trump pacificatore, che lui alimenta di continuo. Tuttavia, un’analisi della crisi con l’Iran (ma si potrebbe anche parlare di Gaza) suggerisce che si tratta di un falso mito.

Quell'accordo sul nucleare mandato all'aria

Trump afferma di aver distrutto il programma nucleare del paese e dunque di aver indebolito la repubblica islamica a tal punto da obbligarla ad accettare una tregua. L’idea è che sganciare bombe su siti nucleari non è bello, ma che la violenza è giustificata se con un intervento limitato si riesce ad evitare lo scoppio di un conflitto con risvolti mondiali. Si tratta di una conclusione con la quale potrei trovarmi d’accordo, se non fosse che ci si sta dimenticando di un particolare fin troppo rilevante: tutto ciò non sarebbe successo se lo stesso Trump non avesse nel 2018 mandato all’aria l’accordo sul nucleare iraniano. L’accordo del 2015 era stato promosso da Obama, aveva incluso Cina, Russia e UE e prevedeva un allentamento delle sanzioni economiche contro l’Iran in cambio di limitazioni al suo programma nucleare, allo scopo di assicurare che esso rimanesse un programma per scopi civili (produzione di elettricità) e non bellici. Trump nel 2018 si ritirò dall’accordo nonostante l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica avesse affermato che l’Iran stava rispettando gli impegni e che quindi la via del dialogo stava funzionando. Una visione confermata dal rapporto annuale del 2018 dell’intelligence statunitense. Da quel momento l’Iran cominciò ad arricchire l’uranio a livelli sempre più vicini a quelli necessari per la produzione dell’atomica.

Se si è arrivati a questo punto è in buona parte colpa di Trump

Il fatto che un paese guidato da un governo autoritario, guerrafondaio e manifestamente desideroso di obliterare Israele fosse sempre più vicino a dotarsi di un arsenale atomico è grave e quindi un intervento mirato era ormai forse giustificabile. Non bisogna però perdere di vista il fatto che se si è arrivati a questo punto è in buona parte per colpa di Trump. Invece di proseguire con la diplomazia, che stava funzionando e avrebbe riavvicinato l’Iran all’Occidente, lui preferì porre le basi per lo scontro. L’attuale situazione era dunque evitabile e dà all’Iran ancora più ragioni di prima per voler sviluppare l’atomica. E il mondo si ritrova con un conflitto che ora bisognerà smorzare con un faticoso lavoro di anni di negoziati e piccoli passi, proprio come quello brutalmente interrotto da Trump nel 2018. Ecco una delle ragioni per le quali parlare di Trump come di un pacificatore è assurdo.

Leandro De Angelis, presidente giovani verdi liberali Ticino

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