
Da cittadino di Bellinzona ho accolto con piacere l’arrivo dei primi autobus elettrici e il fatto che il trasporto pubblico abbia registrato un record di passeggeri. Tuttavia, guardandoci intorno, mi chiedo: possediamo davvero le infrastrutture per sostenere una flotta di bus dimensionata come in una grande metropoli? Le nostre strade antiche, gli spazi mancanti, le rotonde piccole e i vicoli del centro storico faticano a reggere la mole di mezzi pubblici che viaggia ogni giorno. I nostri autobus – alcuni lunghi fino a 18 metri, come i modelli articolati – si fanno strada a fatica tra automobili e pedoni: Bellinzona non è Zurigo, né Ginevra, né Basilea, e il servizio pubblico deve tenerlo presente.
Troppi bus, nessuna corsia: il traffico si blocca
Ogni mattina, passando, vedo viali e piazze invasi da pullman che spesso trasportano pochi passeggeri, mentre in alcune fasce orarie, come all'uscita delle scuole, si registrano picchi di presenza alle fermate. La lamentela più comune è proprio questa: ci sono troppi autobus rispetto alla nostra realtà. In centro alcuni tratti non dispongono di vere corsie preferenziali, così i bus si accodano al traffico privato causando ingorghi. A peggiorare la situazione c'è il fatto che molte piazzole di fermata per i bus sono state praticamente eliminate: ora gli autobus si fermano direttamente in mezzo alla carreggiata, spesso troppo vicini all'isola pedonale delle strisce. Questo rende impossibile per le auto superare i bus fermi, bloccando interamente la corsia fino alla ripartenza del mezzo pubblico. Inoltre, negli ultimi mesi la città ha installato semafori con priorità per gli autobus, ma molti automobilisti segnalano che questi rallentano tutto il traffico quando entrano in funzione. In pratica, fermarsi per un bus vuol dire spezzare la fluidità delle code dietro di sé. In mancanza di corsie dedicate estese e ben collegate, il risultato è congestionare l’intera viabilità urbana. Inoltre, un altro problema molto concreto riguarda la larghezza delle nostre strade. I bus, soprattutto quelli lunghi o doppi, sono spesso costretti a invadere la corsia opposta durante le svolte, perché non riescono a manovrare correttamente negli spazi angusti. Questo comporta rischi per la sicurezza, soprattutto in curva o
nei pressi degli incroci. Non è raro vedere un autobus che piega invadendo mezza corsia contromano, obbligando chi arriva in senso opposto a frenate improvvise o manovre di emergenza.
La nostra Bellinzona ha strade strette e un tessuto urbano antico: chiedo che la dimensione dei mezzi pubblici sia proporzionata alla città e non al traffico di una grande metropoli.
Gli autobus elettrici presentati con tanto clamore sono lunghi 12 metri con 28 posti a sedere (e altri 39 in piedi), come spiegato di recente. Sono ottimi per l’ambiente, ma quando li vedo sbuffare in salita con l’auto che li tallona, mi chiedo: non sarebbe più efficiente usare mezzi più piccoli sulle linee meno affollate? Il principio è semplice: mezzi giusti per la domanda giusta. Non serve un “megabus” a cinque stanze se a bordo salgono un terzo dei passeggeri disponibili. Se adeguassimo la capacità dei bus alle necessità reali – per esempio con autobus compatti o anche minibus dove servono solo poche decine di persone – guadagneremmo in rapidità di manovra e risparmieremmo spazi preziosi nella viabilità cittadina.
Strisce dopo le rotonde e passaggi pedonali dopo le curve: un rischio evitabile
Altro problema concreto riguarda i passaggi pedonali piazzati subito dopo le uscite dalle rotonde. Succede spesso: esci dalla rotatoria e ti trovi le strisce a pochi metri. Di fronte a queste strisce gli autobus (come tutti i veicoli) sono costretti a fermarsi, interrompendo la curva e bloccando automaticamente il traffico in rotatoria. Ne risulta un ingorgo “a grappolo”: chi vorrebbe svoltare è costretto ad arrestarsi prima di uscire completamente dalla rotonda. Stessa cosa succede nei passaggi pedonali dopo una curva, ancor di più se il semaforo è verde per entrambi. I pedoni hanno il diritto di attraversare, ma automobilisti e soprattutto i grandi bus si trovano improvvisamente in trappola. A nulla serve accelerare la priorità dei bus con i semafori se poi un attraversamento pedonale li blocca pochi metri dopo.
Questo accade anche nei pressi delle nostre scuole e piazze affollate: genitori che attraversano, bambini in attesa. Trovo rischioso posizionare le strisce così vicine alle rotatorie, o subito dopo una curva perché aumenta la probabilità di incidenti e rallenta molto la viabilità. La proposta sarebbe quella di spostarle di almeno 10 metri oltre l’uscita: quell’aggiunta di lunghezza consentirebbe di completare la svolta prima di dover cedere il passo, aumentando la sicurezza di chi cammina e ripristinando la circolazione regolare del traffico. E di regolare i semafori in modo alternato per auto e pedoni.
Semafori e incroci mal progettati: servono correzioni
Un’ulteriore proposta concreta potrebbe essere, a questo punto, quella di sfruttare la nuova corsia dei bus per permettere anche alle auto che arrivano da via Emilio Motta di svoltare a sinistra verso la parte alta di viale Stefano Franscini, ipotizzando al contempo la chiusura dell’accesso al traffico in via Orico. Questo intervento potrebbe alleggerire ulteriormente la pressione veicolare su alcuni tratti nevralgici e contribuire a migliorare la fluidità generale della circolazione. Un caso emblematico è il nuovo semaforo installato in via Emilio Motta, accompagnato da un nuovo passaggio pedonale. Una scelta che ha sollevato parecchi dubbi: il passaggio è a soli 80 metri dal successivo, anch'esso proprio davanti al distributore di benzina e a circa 50 metri dal sottopassaggio esistente. Una domanda sorge spontanea: era davvero necessario crearne uno nuovo lì? Forse, allora, sarebbe stato più opportuno eliminare il vecchio passaggio pedonale, così da allungare la corsia di preselezione per chi svolta in via Salvioni e migliorare il deflusso del traffico in una zona già piuttosto congestionata. Sempre a proposito di semafori, emerge una disparità evidente nella durata del verde: chi arriva dalla parte bassa di viale Stefano Franscini e deve svoltare in via Emilio Motta, cosi anche come chi esce dal semaforo di vicolo Santa Marta, per immettersi su via San Gottardo o su viale Giuseppe Motta, si ritrova con un semaforo verde talmente breve da permettere a malapena il passaggio di due auto (tre se si è molto reattivi). Nel caso di viale Stefano Franscini, se davanti si trova un autobus, spesso non riesce nemmeno a completare il passaggio prima che scatti nuovamente il rosso. Questo dimostra che i semafori intelligenti non sono stati tarati correttamente per la realtà della nostra viabilità urbana.
Proposte concrete per un trasporto più razionale
Dobbiamo prendere sul serio queste criticità e agire con buon senso. Ecco alcune soluzioni concrete e realistiche:
- Adattare gli orari alla domanda reale: meno sprechi, più efficienza. Servono autobus di dimensioni adeguate: dove la domanda lo permette si possano usare mezzi compatti o persino minibus. Gli articoli doppi da 18 m, utili solo nelle grandi città come Zurigo, Ginevra o Losanna, dovrebbero essere limitati alle poche linee davvero più affollate. In tutte le altre tratte si guadagnerebbe in agilità e si libererebbe spazio stradale prezioso.
- Revisionare i semafori con priorità. I semafori intelligenti non sono un tabù, ma vanno tarati con criterio. L’obiettivo è far viaggiare più velocemente i bus senza penalizzare in modo eccessivo le auto. In alternativa, si potrebbe riservare corsie dedicate (già previste in via Zorzi e viale Portone) e valutarne di nuove in punti strategici, togliendo parte del carico di traffico agli incroci. Tuttavia, viste le dimensioni limitate della sede stradale in molte zone cittadine, questa opzione rischia di rimanere più un’idea utopica che una soluzione realmente applicabile.
- Ripensare le strisce pedonali dopo le rotonde. Basta spostare le strisce di qualche metro (ad esempio 10 m) oltre l’uscita dalla rotonda. In questo modo i veicoli, autobus compresi, possono riprendere velocità e liberare lo spazio rotatoria prima di fermarsi. I pedoni seguono comunque il codice (hanno la precedenza), ma in un punto più sicuro e visibile. Questa modifica richiede pochissimi lavori e migliorerebbe fluidità e sicurezza in molti incroci cittadini.
- Adattare gli orari alla domanda reale: meno sprechi, più efficienza. Non tutte le fasce orarie richiedono lo stesso servizio. Di notte o in giornate festive si potrebbe ridurre la frequenza, utilizzando mezzi più piccoli, evitando di far circolare bus semivuoti. Meno corse nei momenti di scarsa domanda significa anche meno auto in coda alla prima fermata. Il risparmio sui costi di esercizio potrebbe essere reinvestito in migliori servizi nelle ore di punta.
Non vogliamo meno trasporto pubblico. Vogliamo un trasporto pubblico intelligente, proporzionato e vivibile. Bellinzona merita un sistema moderno che tenga conto della sua realtà urbana. Il progresso passa anche da qui, dal buon senso e da una mobilità che funzioni per tutti.
Paolo Balzari Il Noce