
Non siamo davanti a un rischio. Siamo già nel disastro. Le finanze del Canton Ticino non stanno deragliando: hanno già deragliato. Patrimonio netto negativo, esercizi in rosso, spese fuori controllo. Non è allarmismo: è realtà. Se fosse un’azienda privata, si parlerebbe di fallimento. E per un ente pubblico, cambia poco. Quando i debiti superano gli attivi e i conti non tornano, il collasso non è più un’ipotesi: è un fatto. E allora basta giri di parole. Il Direttore del Dipartimento Finanze ed Economia ha avuto il coraggio di dirlo chiaramente: “Non possiamo permetterci tutto e di più”. Ma questo messaggio va esteso con la stessa franchezza anche al resto del Governo e agli attori economici, non solo alla popolazione. Alcuni esempi: il progetto del Tram-Treno è suggestivo, ma oggi insostenibile. La riforma ospedaliera? Impopolare, certo, ma non più rinviabile: mantenere quattro o cinque strutture cantonali non regge più. La polizia? È tempo di rivedere numeri e priorità. Anche l’educazione deve fare i conti con la realtà: il calo demografico impone scelte su scuole e personale.
Ma non basta tagliare. Bisogna ricostruire. Il sistema sociale deve offrire percorsi concreti di reinserimento per chi è in assistenza ma può lavorare. Il centro logistico di Zalando, con i suoi 200 posti, sarebbe stato un’opportunità. Ogni investimento pubblico deve generare lavoro per i residenti, con stipendi dignitosi, per ridurre i costi sociali e allargare la base dei contribuenti. Le aziende vanno incentivate a farlo, anche fiscalmente: premiando chi assume chi vive e paga qui. Serve coraggio. Non quello da convegno o da manovra in 40 punti stile “bilancio familiare”, ma quello di chi guarda la verità dritta negli occhi. Il coraggio del Leader che mette davvero il bene comune al primo posto, anche a costo di fare marcia indietro, cambiare rotta e tentare di disincagliare la nave Ticitanic dall’iceberg che abbiamo già colpito. Ma quando alzo lo sguardo verso il Palazzo delle Orsoline, vedo troppo spesso il vuoto. E mi sento come il legionario nel Deserto dei Tartari di Buzzati: in attesa di qualcosa che non arriva mai. Sta a noi, cittadini e cittadine ticinesi, essere la nostra ultima speranza: farci sentire, protestare, proporre, richiamare all’ordine chi oggi sembra più preoccupato degli interessi di parte che del bene collettivo. Perché se il cambiamento non arriva dall’alto, allora deve nascere da noi. Ma dobbiamo volerlo. Tutti. Solo così riusciremo a salvare il Ticitanic.
Lorenzo Onderka, già candidato per Avanti con Ticino&Lavoro