
In Ticino si discute di una soglia di sbarramento per entrare in Gran Consiglio. Il pretesto? “Snellire il Parlamento”, “evitare frammentazioni”, “garantire stabilità”. La verità? Una mossa di potere, studiata dai partiti maggiori per zittire le voci scomode e blindare le loro poltrone. Con uno sbarramento al 3 o 4%, i partiti piccoli sparirebbero. Non perché non rappresentano nessuno, ma perché qualcuno ha deciso che quei voti non contano abbastanza. Un bel calcio alla democrazia, in pieno stile “chi comanda decide anche chi può parlare”.
Se questo sistema fosse stato in vigore nel 2023, sei partiti sarebbero rimasti fuori, pur avendo conquistato il 15% dei consensi. Una cittadinanza intera silenziata. Altro che “governabilità”: questa è censura politica camuffata da efficienza. E mentre si gioca a fare i chirurghi della rappresentanza, nessuno osa toccare il vero nodo: le troppe cariche in mano agli stessi volti. Consiglieri comunali che sono anche deputati. Municipali o deputati che fanno i consiglieri al nazionale. Sempre gli stessi, da sempre, ovunque.
La vera riforma sarebbe imporre un principio chiaro: una persona, una carica. Vuoi candidarti a un nuovo ruolo? Bene, dimettiti da quello attuale. Così si libera spazio, si crea ricambio, si combatte la rendita politica. Ma questa idea, guarda caso, non piace a chi vuole il monopolio del potere.
Non è la frammentazione il problema. È l’arroganza di chi vuole decidere chi ha diritto di esistere politicamente. Fermiamo questo progetto pericoloso. La democrazia non si difende con le forbici, ma con l’ascolto. E con il coraggio di cambiare davvero.
Paolo Balzari, Il Noce