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Roberta Soldati - I tentativi falliti e il coraggio di un cambiamento radicale
Redazione
4 anni fa

Lo scopo dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone è chiaro: garantire ai cittadini dell'UE un diritto di ingresso in Svizzera, di soggiorno e di accesso ad un'attività lavorativa dipendente o indipendente e il diritto automatico al ricongiungimento famigliare (art. 1).

Nel 2000 il Consiglio federale affermava che i posti di lavoro dei residenti non sarebbero stati in pericolo e che semmai ci fosse stato un “leggero” dumping, esso lo si sarebbe risolto con opportune misure di accompagnamento. Nulla di cui preoccuparsi dunque.

Con il trascorrere del tempo, le previsioni del Governo federale sono state vieppiù smentite dai fatti. Per tentare di arginare gli effetti nefasti della libera circolazione sui lavoratori residenti, sono state emanate diverse “misure di accompagnamento”.

Sicuri della solida tradizione svizzera basata sul partenariato sociale, sono entrati in vigore ulteriori contratti collettivi di lavoro (CCL), per altro i primi risalgono alla metà secondo scorso, ben prima dell'entrata in vigore del ALC. Ritenuto che i lavoratori del settore terziario ticinese sono stati sostituiti da manodopera frontaliera a basso costo, a partire dal 2015 sono stati introdotti i contratti normali di lavoro (CNL) per gli impiegati di commercio. Nessuno ha però considerato che sarebbero dilagati gli “accordi sottobanco”.

Dopo la “rivolta popolare” del 9 febbraio 2014, in dispregio della democrazia diretta, le autorità federali hanno adottato la famosa “soluzione light” prevedendo che per i settori con una disoccupazione sopra la media nazionale (il Ticino è sempre sopra la media!) i datori di lavoro erano tenuti ad annunciare agli uffici di collocamento (URC) i posti vacanti. Nessuno ha però considerato che anche i frontalieri hanno il diritto di iscriversi presso gli URC per la ricerca di un lavoro!

L'ultima in ordine di tempo è l'adozione della famosa “rendita ponte” per gli over 60. Nessuno ha però considerato che queste persone desiderano essere attive nel mondo del lavoro e non relegati al mantenimento. In Ticino è stato potenziato il personale degli URC con dei coach. Anche qui, nessuno ha capito che senza la disponibilità di posti di lavoro, questa misura è inutile.

C'è chi inneggia a maggiori controlli e sanzioni più severe. Davvero vogliamo ridurre il nostro paese ad uno Stato di polizia?

La realtà ticinese dimostra chiaramente che tutte le misure intraprese sino ad oggi sono state fallimentari: la situazione dei lavoratori residenti resta drammatica. L'inghippo sta nell'art. 2 ALC che sancisce il principio secondo cui non sono ammesse delle discriminazioni legate alla cittadinanza. Questo significa che non potremmo mai, fintato che l'ACL sarà in vigore, attuare misure mirate e specifiche a tutela dei lavoratori residenti (cfr. “Prima i nostri”). Avremo sempre le mani legate.

L'unica soluzione possibile è quella di tornare a decidere sulla nostra immigrazione e votare SI il prossimo 27 settembre 2020.

Roberta Soldati

Deputata UDC in Gran Consiglio

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