
Scrivo come cittadino di Lugano per esprimere alcune osservazioni in merito all’articolo “Ridurre il traffico in Via Maggio, lanciata la petizione”, relativo a una proposta che sarà presentata al Municipio. Comprendo il desiderio di migliorare la qualità della vita in aree urbane soggette a traffico, rumore e inquinamento. Tuttavia, è fondamentale valutare l’impatto complessivo di certe soluzioni, soprattutto su zone adiacenti che potrebbero subirne le conseguenze.
La proposta prevede l’obbligo di svolta a destra da Via Maggio su Via Capelli, poi su Via al Chioso fino a Viale dei Faggi, e infine su Via al Lido. Da lì, la svolta obbligatoria su Via la Santa comporterebbe inevitabilmente un aumento del traffico su due vie residenziali particolarmente delicate: Via Rava e Via Ceresio.
Queste strade attraversano quartieri densamente abitati e frequentati da molti studenti. Vi si trovano scuole, fermate del bus e marciapiedi stretti. Il traffico, già intenso, rischierebbe così di aumentare ulteriormente, aggravando problemi legati alla sicurezza, alla salute e alla qualità della vita.
In particolare, su Via Ceresio, nei pressi del semaforo del Fola, si osservano spesso comportamenti pericolosi da parte degli automobilisti che accelerano per superarlo prima del rosso. La recente soppressione del presidio di sicurezza negli orari scolastici rende il passaggio ancora più critico per i bambini.
Si parla inoltre di aumentare i parcheggi su Via Maggio. Ma favorire la sosta veicolare contraddice l’obiettivo di migliorare la viabilità e la sicurezza: riduce lo spazio pubblico disponibile e può contribuire a peggiorare la congestione. È difficile parlare di “riduzione del traffico” mentre si incentivano misure che ne favoriscono la permanenza.
Mi chiedo se queste scelte siano realmente frutto di una visione complessiva della città, o se rispondano solo a logiche locali. Spostare il problema da un quartiere all’altro non lo risolve.
Serve invece una visione più ampia, che miri a ridurre il traffico di transito e promuovere alternative sostenibili come la pedonalità, un trasporto pubblico efficiente e percorsi sicuri per bambini e ciclisti. Ma questo richiede una pianificazione lungimirante e il coraggio di compiere scelte strutturali.
Vivere in città significa anche condividere spazi e responsabilità. Le decisioni urbanistiche dovrebbero nascere da un’analisi seria dei bisogni – soprattutto dei più fragili – e da un dialogo inclusivo con tutti i quartieri.
Forse è arrivato il momento di ispirarci alle città europee che, con visione e determinazione, hanno puntato sulla mobilità dolce e sulla qualità urbana. I risultati concreti e duraturi di quelle esperienze dimostrano che è possibile.
Carmine Giuseppe Nicoletta