
La proposta di introdurre una soglia di sbarramento del 4% o del 3% per l’accesso al Gran Consiglio in Ticino, presentata come un solenne atto di rinnovamento democratico, potrebbe definirsi un esempio lampante di proposta politica disfunzionale.
Ci viene detto che si tratta di “efficienza” e di combattere la “frammentazione”, che il Ticino, a differenza di altri cantoni è rimasto indietro. Ma la domanda da porsi è: dov’è l’emergenza? Il pluralismo ha forse reso le istituzioni ingovernabili? O è semplicemente scomodo, per alcuni, quando nuove o piccole voci trovano spazio?
Chiariamo subito che una soglia non è neutra: filtra ed esclude! Toglie rappresentanza a migliaia di ticinesi le cui opinioni, anche se minoritarie, sono pienamente legittime. Arrivare a tirare in ballo il voto popolare, indicendo una costosa votazione per decidere se, una parte del popolo, debba poter votare o no, è un gesto spregevole e pericolosamente divisivo, che la popolazione ticinese non si merita.
È vero che altri cantoni hanno delle soglie, ma hanno anche leggi elettorali decisamente diverse. E le regole vanno citate e rispettate integralmente, non si trapiantano a piacimento come gerani!
Sì, serve una riforma elettorale, ma che sia generale ed includa anche l’elezione del Governo col sistema maggioritario. La maturità democratica non consiste nel chiudere la porta ai nuovi, ma consiste nello sforzo, ben più impegnativo, di ascoltarli, anche quando magari danno fastidio.
La democrazia non si rafforza soffocando la voce di una minoranza di elettrici ed elettori ticinesi, ma avendo il coraggio di affrontarla, anche se scomoda. Zittire la diversità d’opinione è facile, capirla e farne uno strumento di accrescimento politico e democratico è un segno di maturità di cui il nostro cantone ha assolutamente bisogno. Quello è il vero esercizio del Parlamento, il dovere di un politico serio, all’altezza del compito per il quale è stato eletto.
Graziano Besana, sostenitore di Avanti con Ticino&Lavoro