Fabio Regazzi
Pragmatismo o ideologia sull’imposta preventiva?
©Chiara Zocchetti
©Chiara Zocchetti
Redazione
2 anni fa
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In occasione «Super Sunday» del 25 settembre, oltre ad assicurare l’AVS anche alle prossime generazioni ed evitare un clamoroso autogol ai contadini e ai consumatori svizzeri, abbiamo la possibilità di riportare in Svizzera entrate fiscali, concedere qualche carta in più alle PMI e ridare slancio alla nostra piazza finanziaria. Come? Semplicemente votando Sì alla riforma dell’imposta preventiva.

Attenzione, non stiamo parlando dell’imposta preventiva dedotta sui nostri conti correnti, che una volta dichiarati in fase di tassazione poi viene restituita. E nemmeno dell’imposta prelevata sui dividendi, che costituisce una parte cospicua delle entrate. La riforma in votazione riguarda solo l’imposta preventiva oggi prelevata sulle emissioni di obbligazioni su territorio svizzero, che riguarda ca. il 5% delle entrate dell’imposta preventiva. Il problema è che il rimborso di questa imposta genera costi amministrativi non indifferenti, ma, soprattutto, di regola non viene prelevata sulle piazze finanziarie estere. La conseguenza, piuttosto logica, è che gli investitori esteri – essendo già tassati sulla base dello scambio automatico in informazioni – emettono i loro titoli in altre nazioni, su tutte il Lussemburgo. Male per la nostra piazza finanziaria, male per le casse della Confederazione che vedono sfuggirsi gettiti interessanti. Insomma, restiamo con il cerino in mano.

Ma c’è di più, perché anche le nostre imprese sono penalizzate: senza riforma dell’imposta preventiva, anche le imprese svizzere che vogliono attirare investitori stranieri devono spostarsi all’estero per l’emissione delle loro obbligazioni, ciò che per altro costa loro di più.

La riforma su cui ci esprimeremo rappresenta una soluzione a questo problema: essa prevede che gli interessi generati dalle obbligazioni svizzere (non quelle estere) siano esonerati dall’imposta preventiva. Così come concepita, essa permette di far rientrare in Svizzera le attività di emissione che per questioni di concorrenzialità delle altre piazze finanziarie europee oggi si svolgono all’estero. Questo è un vantaggio anche per le piccole e medie imprese che faticano a spostarsi all’estero per raccogliere capitali e quindi devono accontentarsi di un mercato indigeno fortemente sottosviluppato. Vantaggi indubbi ne trarrebbe anche la nostra piazza finanziaria, riconosciuta di alto livello ma non in condizione di offrire ad ampie cerchie di interessati l’emissione di obbligazioni a condizioni competitive. La riforma andrebbe poi a beneficio anche delle imprese pubbliche: aziende statali come ad esempio ospedali, trasporti pubblici, aziende energetiche o banche cantonali, con la riforma potranno trovare finanziamenti più facilmente e a costi inferiori per i loro investimenti.

A beneficiarne sarebbe il nostro paese e quindi anche i cittadini. BAK Economics ha stimato che l’aumento di valore aggiunto generato dalle attività rimpatriate ammonterebbe entro 5 anni a oltre 3 miliardi di franchi. I relativi introiti fiscali – e risparmi al momento del finanziamento – si conterebbero in centinaia di milioni di franchi e attraverso le casse di Confederazione, cantoni e comuni i vantaggi andrebbero a beneficio di tutti. Solo incomprensibili e infondati motivi ideologici possono indurre a non cogliere questa occasione. Vediamo allora di non lasciarcela scappare.

 

Fabio Regazzi, Consigliere nazionale Il Centro e Presidente usam

 

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