
Mercoledì, mentre il canton Vaud, che ha già introdotto il premio cassa malati limitato al 10% del reddito, comunicava una manovra di rientro di 360 milioni di franchi (tagli ai salari dei dipendenti cantonali, ospedali, asili nido, ecc.) per rientrare dall’aumento dei costi, La Regione pubblicava un articolo dal finale quantomeno inquietante.
Si sostiene infatti che potrebbe valere la pena portare il Ticino alla paralisi politica grazie all’iniziativa del 10%: scelta non solo azzardato, ma anche irresponsabile. Non si tratta, come si può leggere, di un “potente segnale” a Berna, bensì dell’ennesima conferma di un cantone incapace di gestire con serietà le proprie sfide. Proclamare l’incompetenza come strumento politico non rafforza la posizione del Ticino: a livello nazionale lo indebolisce e lo condanna ad essere percepito, ancora una volta, come l’ultimo della classe.
Il problema dei premi di cassa malati è reale, così come la pressione insostenibile che grava sulla popolazione ticinese. Affrontarlo con iniziative che il cantone non ha i mezzi per sostenere, nella speranza che il collasso istituzionale produca un cambiamento a livello federale, non è una soluzione: è una delirante rinuncia al buon governo. Nessuno a Berna prenderà sul serio un cantone che sceglie consapevolmente di fallire.
Chi crede davvero che la salute venga prima di tutto, deve battersi per soluzioni serie, praticabili e sostenibili. L’idea che “tanto vale bloccare istituzionalmente tutto il Cantone” è una forma di autolesionismo che non migliora la condizione dei cittadini, non risolve il problema cronico della cassa malati e non garantisce un più equo accesso alle cure.
Serve una strategia credibile a livello cantonale e federale, capace di ottenere risultati a lungo termine e di preservare la stabilità delle istituzioni. La paralisi consapevole non è mai segno di coraggio politico, è soltanto la prova di un fallimento.
Graziano Besana, sostenitore di Avanti con Ticino&Lavoro