
Da molti anni il cantiere delle aggregazioni è aperto in tutto il Ticino. Nonostante ciò, in alcuni casi lo strumento base per l’edificazione e la direzione dei lavori sembra perduto o – perlomeno – assente. Non mi riferisco all’essere propositivi, alle competenze o alla volontà di politici e cittadini, ma ai progetti validi da seguire per il raggiungimento di un miglioramento. Nella bassa Valle Leventina (importante zona delle Tre Valli) – caso a cui mi rivolgo – le idee non sono mancate, tanto quanto le discussioni o gli studi sul tema, ma pare che di pari numero siano anche state le incongruenze. Contrasti nel cui merito non entro, che hanno però allontanato quell’armonia necessaria alla creazione di cose valide e funzionanti. È così che in più di dieci anni di trattative non si è – in pratica – costruito niente. Molto probabilmente la colpa è condivisa, determinata oltre che da una generica paura per l’aggregazione, anche da un forte legame al proprio Comune e dalla volontà di ognuno di puntare sempre al meglio. Non mi si fraintenda: le buone volontà c’erano, ma probabilmente idee opposte non si sono conciliate. Vi era chi nel proprio Comune annoverava una situazione con importantissime risorse finanziarie, completamente distaccata dalla realtà dei Comuni adiacenti. Vi era poi chi era relativamente povero e chi, come Pollegio, con l’arrivo del cantiere Alptransit, a breve avrebbe raccolto molte risorse. Lo spazio per discutere dei contrasti potrebbe non avere limite, ma il punto focale rimane uno: il progetto per un’aggregazione della bassa Valle Leventina (lanciato ufficialmente il 24 gennaio 2001 alla presenza delle autorità locali e dei rappresentanti del Dipartimento delle Istituzioni) è nato con molte disfunzioni, se non morto immediatamente. Da questa disarmonia piuttosto che nascere una costruzione, è sorta una distruzione, con il progetto non portato avanti e rotto in più cocci. Nel 2009, dopo il crollo per i suddetti motivi del progetto a quattro fra Bodio, Giornico, Personico e Sobrio, il Consiglio di Stato ha negato il nulla osta all’aggregazione a due fra Bodio e Sobrio, progetto troppo piccolo per avere senso. In seguito si è anche registrato il distacco di Pollegio verso la Valle Riviera lasciandosi alle spalle il proprio Distretto. Anche in questo caso potremmo dare credito a due interpretazioni: chi lo accusa di voler “tradire” la propria realtà territoriale e di slegarsi dall’onere di cercare di andare d’accordo con i vicini Comuni leventinesi, e chi invece lo complimenta per aver cercato alternative nell’interesse unico della sua popolazione nonostante le difficoltà avute. Non voglio entrare nel merito con considerazioni mie, essendo proprio a Pollegio a capo (anche se di minoranza) di una commissione speciale che sta valutando tutte le strade percorribili in fatto d’aggregazione. Non posso però che esprimere la realtà dei fatti, dicendo che a più di dieci anni dall’apertura del cantiere delle aggregazioni in questa zona, di progetti veri e propri ve n’è soltanto uno (Biasca-Iragna-Pollegio): disegno sorto dal caos, ma pienamente supportato dai rispettivi Municipi e con tanto di commissione ufficiale creata dal Consiglio di Stato. Alla luce di questo, è evidente che pur cercando alternative, al momento non ve ne sono, né tanto meno sono state lanciate proposte strutturate. Va quindi da sé che la decisione attuale e futura per i tre Comuni non riguarda con chi aggregarsi, bensì se aggregarsi o meno. Quanto più è evidente, è allora che se la soluzione intavolata è questa e mancano alternative, i favorevoli procederanno fino in fondo, mentre i contrari – se vogliono opporsi – devono per coerenza lanciare immediatamente progetti sostitutivi validi. Arrivare al voto finale in Gran Consiglio schierati partiticamente con l’obiettivo di bocciare l’idea attuale senza essersi curati di trovare alternative per il bene del cittadino, sarebbe relativamente grave. In questa prospettiva è doveroso chiedersi se il cittadino sarebbe felice di attendere ancora molti ann
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