
La solitudine è come un’ombra. All’inizio non si nota, resta discreta, silenziosa. Poi, pian piano, si allunga e si fa sentire. È quel silenzio che pesa troppo, quella porta che rimane chiusa, quella telefonata che non arriva mai. È una sensazione che entra senza bussare, che si insinua nella quotidianità fino a renderla più pesante. Una ferita invisibile, capace di far male quanto una malattia.
A Mendrisio lo abbiamo capito presto, molto prima che questo tema diventasse parte del dibattito nazionale. Già 35 anni fa la nostra città ha creato il Servizio anziani soli, con l’idea che nessuno dovesse affrontare l’età fragile senza un sostegno. Allora sembrava quasi un gesto visionario, oggi appare come una scelta necessaria e lungimirante. Centinaia di persone, negli anni, hanno trovato in questo servizio una voce amica, una mano tesa, una sicurezza in più. Oggi sono più di cento le persone che, grazie a questo supporto, non vivono dimenticate dietro una finestra chiusa.
Poi sono arrivate le Portinerie di quartiere, che rappresentano forse l’immagine più bella di una città che si prende cura dei suoi abitanti. Non uffici formali, non sportelli burocratici, ma piccoli luoghi di prossimità, presìdi di umanità. Posti dove ci si incontra, si scambia una parola, ci si accorge che la vita è più leggera quando la si condivide. Perché basta poco per sentirsi parte di qualcosa: un sorriso, un caffè insieme, una porta che si apre.
Eppure, sappiamo bene che non basta. La solitudine è cambiata con i tempi. Non riguarda più solo l’anziano che vive da solo. Ha mille volti: quello del giovane che si rifugia dietro a uno schermo, della coppia che non conosce nessuno nel nuovo quartiere, della mamma sola che non trova a chi chiedere aiuto, dell’adulto che lavora tanto ma torna a casa e trova solo silenzio. È una realtà diffusa, trasversale, che non guarda l’età né la condizione sociale.
Per questo oggi Mendrisio ha deciso di fare un passo in più. Abbiamo aderito al programma nazionale “connect – Insieme meno soli”. Non un semplice progetto, ma un impegno concreto: prevenire l’isolamento, favorire le relazioni, rafforzare i legami di comunità. In una parola: fare rete. E una rete non si costruisce da soli: richiede istituzioni, associazioni, volontari, cittadini. Richiede la disponibilità di tutti, perché la solitudine si vince solo insieme.
La sfida è culturale oltre che sociale. Dobbiamo imparare a guardare oltre il nostro quotidiano, a riconoscere i segnali silenziosi di chi si sente escluso, a trovare il coraggio di bussare alla porta di un vicino. Non servono grandi gesti, servono piccoli atti di attenzione ripetuti ogni giorno. È così che una città diventa davvero comunità.
Costruire una città, infatti, non significa soltanto realizzare strade, case, infrastrutture. Significa soprattutto coltivare legami, creare occasioni di incontro, credere che nessuno debba sentirsi invisibile. Una città cresce se cresce anche la sua capacità di prendersi cura delle persone.
Mendrisio meno sola non è uno slogan, non è un titolo da manifesto. È una scelta di vita, una direzione precisa. È la convinzione che solo insieme possiamo affrontare quella sensazione che, prima o poi, tocca tutti noi: la paura di essere dimenticati.
La solitudine non si elimina con una legge o con un regolamento. Non basta una firma o una delibera. Si combatte con una presenza, con un gesto semplice, con un “ci sono”. A volte è una telefonata, a volte una visita, a volte una chiacchierata per strada.
E allora sì, una comunità funziona davvero quando diventa questo: qualcuno che c’è, al momento giusto.
E Mendrisio, oggi più che mai, vuole esserci.
Daniele Caverzasio, Municipale città di Mendrisio