
Che cosa accomuna Joe Mansueto, miliardario americano proprietario dell’FC Lugano, e Paolo Ardoino, CTO di Tether? Apparentemente nulla. Mansueto ha riportato il calcio bianconero sulla mappa europea con investimenti, managerialità e un respiro internazionale che mancava da decenni. Ardoino, genovese di nascita e cittadino globale per vocazione, ha trasformato Lugano in un laboratorio mondiale per le criptovalute grazie al progetto Plan B. Eppure entrambi si trovano nel mirino di Raoul Ghisletta, municipale socialista, che ha fatto della diffidenza verso l’innovazione il suo marchio di fabbrica.
Non è un caso isolato. È il riflesso di un Ticino che troppo spesso preferisce coltivare la cultura del sospetto invece di cogliere le opportunità. Ogni novità, ogni passo che rompe la routine consolidata, diventa automaticamente un pericolo, un’ombra da cui difendersi. È più semplice evocare scenari catastrofici che immaginare come governare il cambiamento. Così, tra accuse e insinuazioni, si finisce per respingere ciò che altrove sarebbe accolto come una risorsa.
Tether non è un’avventura estemporanea né un giocattolo speculativo. È l’azienda che nel 2024 ha registrato più di tredici miliardi di dollari di utili netti con meno di duecento dipendenti: un record mondiale, con una media di ottanta milioni di dollari di profitto per addetto. Gestisce oggi una capitalizzazione di mercato superiore ai 155 miliardi di dollari e detiene più titoli di Stato americani di interi Paesi sovrani. Se fosse uno Stato, sarebbe al diciottesimo posto per quantità di debito pubblico USA posseduto. Numeri che fanno impressione, ma che soprattutto raccontano una realtà già consolidata e impossibile da ignorare.
A Lugano Tether ha portato il progetto Plan B, un’iniziativa che ha dato alla città una visibilità internazionale unica, olre che sulle maglie del FC Lugano. Non solo pagamenti in USDT e bitcoin nei negozi, ma anche conferenze, attrazione di startup e un ecosistema che richiama capitali e talenti. Il prossimo 24 e 25 ottobre si terrà la quarta edizione del Plan B Forum, un evento che porterà sulle rive del Ceresio i principali protagonisti mondiali della blockchain e delle criptovalute. In qualsiasi altro Paese una conferenza di questa portata sarebbe motivo di orgoglio. Qui, invece, diventa un bersaglio politico.
Il paradosso è evidente. Mentre Stati Uniti e Asia regolamentano e integrano le stablecoin nei mercati ufficiali, in Ticino c’è chi insiste a evocare rischi e scandali, come se la strategia politica fosse fermare il tempo. Negli USA è in discussione il “The Guiding and Establishing National Innovation for U.S. Stablecoins Act (GENIUS Act)”, una legge federale che mira a creare un quadro regolatorio completo per le stablecoin. Segno che oltreoceano non si parla più di se, ma di come queste tecnologie debbano essere integrate nel sistema finanziario.
Le critiche a Tether e a Plan B, spesso ripetute come slogan, finiscono per apparire stanche e prevedibili. È giusto pretendere trasparenza e regole, ma ridurre ogni iniziativa a un processo alle intenzioni significa rinunciare al futuro. È un copione che conosciamo bene: bloccare, rallentare, diffidare. Altri Paesi corrono, noi restiamo fermi. È accaduto con l’economia digitale, con la ricerca universitaria, con la transizione energetica. Ora rischiamo di ripetere lo stesso errore con la finanza innovativa e la blockchain.
Lugano ha tutte le possibilità di diventare un hub internazionale. Non è un caso che Tether abbia scelto questa città come sede del suo esperimento più ambizioso. Ma ogni volta che l’innovazione viene ridotta a sospetto, ogni volta che chi investe viene trattato come un intruso, il messaggio è chiaro: non siete i benvenuti. E così il Ticino rischia di trasformarsi in un museo a cielo aperto, bello da visitare ma irrilevante per chi costruisce il domani.
La posta in gioco non è tra Mansueto e Ghisletta, o tra Ardoino e il socialismo ticinese. È tra due visioni opposte del mondo: quella che vede nell’innovazione una minaccia da contenere e quella che la considera una leva da governare e sfruttare. La politica ha il dovere di garantire regole e controlli, ma anche il coraggio di accompagnare il cambiamento. Perché il futuro non aspetta. Se Lugano saprà difendere la sua vocazione internazionale, il Plan B Forum del 2025 sarà ricordato come il momento in cui il Ticino ha scelto di aprirsi al mondo. Se invece prevarrà ancora una volta la cultura del sospetto, resteremo spettatori marginali, pronti a criticare chi osa innovare e incapaci di proporre alternative. Alla fine la questione è semplice: vogliamo essere protagonisti della nuova finanza globale o restare prigionieri delle nostre paure? Una cosa è certa: Raoul Ghisletta non sta combattendo Tether. Sta combattendo il futuro. Stefano Dias