Partito Comunista
“Legge Clima”: una cambiale in bianco ancora insufficiente!
©Chiara Zocchetti
©Chiara Zocchetti
Redazione
10 mesi fa
Il presente contributo è l’opinione personale di chi lo ha redatto e non impegna la linea editoriale di Ticinonews.ch. I contributi vengono pubblicati in ordine di ricezione. La redazione si riserva la facoltà di non pubblicare un contenuto o di rimuoverlo in un secondo tempo. In particolare, non verranno pubblicati testi anonimi, incomprensibili o giudicati lesivi. I contributi sono da inviare a [email protected] con tutti i dati che permettano anche l’eventuale verifica dell’attendibilità.

Il Comitato centrale del Partito Comunista (PC), nella sua seduta del 13 maggio 2023, ha esaminato il controprogetto indiretto all’iniziativa per i ghiacciai (altrimenti noto come “Legge Clima”) in votazione il prossimo 18 giugno. Punto di partenza dell’analisi del testo è stata la posizione assunta in merito alla Legge CO2 bocciata dal popolo il 13 giugno 2021, contro la quale il PC aveva lanciato il referendum unitamente a varie altre forze di sinistra. Va ricordato come l’apporto comunista era stato allora determinante per assicurare il rigetto di una legge antisociale, liberista ed inefficace, con la quale si voleva far pagare alle classi popolari il prezzo della necessaria transizione ecologica.

Il testo di legge posto in votazione il prossimo 18 di giugno costituisce un controprogetto indiretto alla cosiddetta “Iniziativa per i ghiacciai”, che richiedeva la neutralizzazione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050, attraverso un divieto dei combustibili fossili a partire da quell’anno. Richieste che sono state considerate eccessive dall’assemblea federale, che ha mantenuto l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, ma senza introdurre alcun divieto. Per raggiungere tale traguardo, la legge approvata dalle Camere prevede l’introduzione di misure di sostegno per la sostituzione degli impianti di riscaldamento (nella misura di 200 milioni di franchi all’anno), per l’adozione di tecnologie innovative volte a ridurre le emissioni di gas serra (200 milioni all’anno), nonché per la protezione dell’uomo e della natura dagli effetti dei cambiamenti climatici. Alle prime misure previste dalla legge oggi in votazione, si aggiungeranno nei prossimi anni degli ulteriori provvedimenti che, secondo l’articolo 11 della legge, dovranno essere regolarmente discussi e approvati dal parlamento. Ad oggi non sono però ancora noti i dettagli di tali misure: la legge lascia un certo margine di incertezza in merito.

La grande novità rappresentata da questa legge è rappresentata dall’assenza di nuove tasse o imposte per l’economia e per la popolazione. Le misure adottate ricalcano in larga misura quelle previste dalla Legge CO2 respinta dal popolo, senza che sia però previsto alcun ulteriore aggravio fiscale: ciò dimostra la correttezza delle analisi del PC, secondo il quale era possibile procedere ad una transizione ecologica senza chiamare alla cassa i cittadini. Il finanziamento di tali misure attraverso il bilancio generale della Confederazione rappresenta una soluzione socialmente più equa, in quanto esso è alimentato in misura preponderante dall’imposizione fiscale diretta, che tiene conto in modo progressivo del reddito e della sostanza dei contribuenti (a differenza delle tasse indirette – come quella sulla benzina – che erano al centro della precedente Legge CO2).

Il Partito Comunista si rallegra della presa in considerazione delle esigenze di uno dei settori più duramente toccati dal cambiamento climatico, ossia quello agricolo. Le misure adottate a sostegno del settore primario dimostrano la validità della posizione da tempo assunta in materia dal PC, promotore in Ticino dell’introduzione del principio della sovranità alimentare nella costituzione cantonale, nonché di varie altre iniziative in supporto al mondo contadino. L’obbligo imposto ai Cantoni di adottare misure di protezione dagli effetti dei cambiamenti climatici dimostra inoltre l’importanza dell’iniziativa comunista per la costituzione di un fondo di ricerca per lo studio di tali effetti e di misure per la loro mitigazione, che da 4 anni ancora attende di essere trattata dal parlamento cantonale.

La legge approvata dalle Camere federali presenta però alcune criticità che meritano di essere qui evocate. Le misure di sostegno alle imprese che adottano tecnologie innovative rappresentano un problematico finanziamento pubblico della ricerca privata, che potrà sviluppare e detenere brevetti che dovrebbero essere invece di proprietà pubblica. Tali misure esonerano inoltre lo Stato da un intervento diretto e programmatore in campo industriale e infrastrutturale, quanto mai necessario per assicurare il raggiungimento degli obiettivi prefissati dalla legge, nonché per indirizzare lo sviluppo del Paese in questa delicata fase di transizione. Le misure finanziarie a sostegno della riconversione immobiliare sembrano essere nuovamente prive di garanzie e contropartite per i locatari, già duramente colpiti dal rialzo dei tassi d’interesse e dei costi energetici. Andrebbe in questo senso valutata l’introduzione di misure a tutela del mercato dell’alloggio per evitare un caro-affitti generalizzato. I mezzi finanziari messi a disposizione sembrano essere d’altronde largamente insufficienti per aumentare sensibilmente l’efficienza energetica del parco immobiliare elvetico: il parlamento ha messo sul piatto qualche centinaio di milioni di franchi, quando per raggiungere gli obiettivi prefissati sarebbero invece necessarie decine di miliardi!

La nuova legge non rivede il sistema di scambio delle quote di emissioni, che ha già dimostrato di essere oggetto di manovre speculative e che de facto esenta le grandi aziende inquinanti dalla riduzione delle proprie emissioni. In modo simile, si rinuncia ad introdurre misure vincolanti per la piazza finanziaria, con la quale il Consiglio federale potrà (ma non dovrà) adottare convenzioni volte a ridurne l’impatto sul clima. Va ricordato a tal proposito come, in occasione della recente fusione tra Credit Suisse e UBS, si sia volontariamente (e colpevolmente) rinunciato a legare le garanzie statali a precise condizionalità in ambito sociale ed ambientale. Non da ultimo, sono assenti misure volte ad incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico, che è invece nuovamente oggetto di un aumento tariffario di portata non indifferente per gli utenti già eccessivamente sotto pressione.

Il Partito Comunista si è chinato anche sulla cruciale questione della sovranità energetica del Paese: nella delicata situazione internazionale attuale, assicurare l’indipendenza della Svizzera sul piano energetico riveste infatti un’importanza centrale. La dismissione delle energie fossili non può essere realizzata in favore di un approvvigionamento energetico vincolato ai paesi del blocco euro-atlantico (che sta sviluppando nuovi impianti nucleari o a carbone per supplire alle risorse non più acquistate ad esempio dalla Russia). Sosteniamo in questo senso la prospettiva di un aumento della produzione elettrica nazionale, nel quadro di una pianificazione pluriennale da parte del parlamento. L’assenza di un serio piano industriale di Stato volto all’incremento dell’auto-approvvigionamento elettrico ci preoccupa però in modo particolare, in quanto rischia di tradursi a medio-termine in una situazione di penuria energetica, provocata dalla dismissione dei vettori attuali e dall’assenza di alternative disponibili per tempo. Il Partito Comunista teme in questo caso che la classe politica europeista possa (e voglia) rendere inevitabile l’acquisto di energia elettrica da paesi dell’UE, attraverso una ulteriore liberalizzazione del mercato energetico svizzero. Oltre al prevedibile aumento dei prezzi dell’energia (per far fronte al quale non è stato previsto alcun provvedimento), la Legge Clima rischia dunque di tradursi – invece che in un auspicabile aumento della sovranità energetica del Paese – in un suo ulteriore vincolo al blocco euro-atlantico.

A fronte di una legge caratterizzata da queste gravi lacune e dalla profonda incertezza che è legata agli obiettivi da essa previsti, il Partito Comunista non accetta di sottoscrivere una “cambiale in bianco” senza che siano state prime chiarite le garanzie e le contropartite per assicurare l’indipendenza energetica del Paese, nonché il potere d’acquisto delle classi popolari. La transizione ecologica proposta dalla Legge Clima può essere sostenuta solo se accompagnata da un ampio piano industriale volto alla conversione energetica del Paese, dalla nazionalizzazione del settore energetico nazionale e da chiare misure di contenimento dei prezzi dell’energia. Per queste ragioni, il PC invita a votare scheda bianca il prossimo 18 giugno.

I tag di questo articolo