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Le elezioni cantonali svoltano a destra
Redazione
un anno fa
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A metà dello scorso mese di luglio, l’MPS – anche facendo seguito ad un incontro informale con i Verdi al quale questi ultimi avevano invitato anche il presidente del PS per uno scrupolo di trasparenza – inviava una proposta formale a Verdi e PS nella quale si proponeva la costituzione di liste comuni con PS e Verdi sia per il Consiglio Stato che per il Gran Consiglio”.

Si trattava di una proposta sostanzialmente nuova da parte dell’MPS, che partiva dall’ipotesi di un “cambiamento di periodo” in un contesto come il nostro, in termini elettorali, “caratterizzato da una verosimile avanzata elettorale della destra”. Uno scenario già in atto in altre realtà europee, così come in altri Cantoni, come hanno confermato le recenti elezioni a Ginevra e Lucerna.

L’MPS individuava nella sua analisi una serie di punti attorno ai quali costruire non solo un’alleanza elettorale, ma un fronte sociale fondato sul tentativo di mobilitare i salariati e le salariate, i giovani e le donne per rispondere alla crisi economica e sociale, ai problemi posti dal riscaldamento globale, alle discriminazioni sessuali e di genere, nonché opporre una forte resistenza ai venti di guerra.

L’MPS chiedeva un cambiamento di paradigma rispetto alla logica governativa seguita dal PS, facendo notare come “Il sistema elettorale ticinese favorisce la presenza in governo anche di forze che hanno una base elettorale modesta. L’obiettivo di questo sistema, è evidente a tutti, è l’integrazione delle forze politiche e il loro coinvolgimento in una politica di concertazione che permetta la stabilità e la continuità del sistema di governo.

Ma questo sistema non può condannare al perseguimento di una politica di collaborazione con partiti che rappresentano gli interessi del capitale; la presenza in governo non significa l’impossibilità di continuare a svolgere un lavoro di radicale opposizione sia in seno allo stesso governo che in Parlamento, un’opposizione – pubblica e chiara – fondata su un programma preciso”.

La risposta a quella nostra proposta fu immediatamente negativa. In poche parole, il PS e i Verdi spiegavano che la loro unione era un progetto strategico che si inseriva nell’ambito della costruzione di rapporti di forza più ampi in Parlamento per permettere di dare risposte adeguate ai cosiddetti problemi maggiori che la popolazione si trova ad affrontare. A questa argomentazione di fondo, si aggiungevano altre considerazioni quali, ad esempio, il fatto che, al limite, avrebbe potuto entrare in linea di conto un’alleanza per il governo, ma non per il Gran Consiglio, dove, secondo i dirigenti del PS, un pluralismo di liste (separate) concorrerebbe a rafforzare la sinistra.

In quel momento – Greta Gysin non aveva ancora sciolto la riserva sulla propria candidatura – il discorso dominante in seno agli artefici dell’alleanza rosso-verde era ancora quello di un’elezione che avrebbe portato ad un rafforzamento elettorale sia del PS che dei Verdi, con la conquista di un seggio in più per ognuno. Se a quel momento l’ipotesi del raddoppio veniva sempre più spostata a un orizzonte di medio termine, è anche vero che nella prima parte dell’anno, a più riprese si erano susseguiti appelli “al raddoppio”.

Da allora sono passati diversi mesi, le elezioni cantonali si sono tenute lo scorso fine settimana con l’esito che conosciamo. Vediamo di analizzarlo.

Un rafforzamento del centro destra

In termini di seggi assistiamo ad un sicuro rafforzamento del centro destra. Non nel senso tradizionale del termine (per cui i partiti come il Centro e il PLRT sarebbero il centro e Lega e UDC la destra). Basterebbe guardare i programmi di questi partiti per rendersi conto che la loro impostazione fiscale, ambientale e persino sociale guarda chiaramente a destra per PPD-Il Centro e PLRT e all’estrema destra per Lega e UDC. Alcuni di questi partiti escono indeboliti dalle elezioni, con la perdita di 2 seggi per il PLRT e di 4 per la Lega, perdite non compensate dalla marcia sul posto del Centro e dalla crescita di 2 seggi per l’UDC.

Ma se questa destra si è complessivamente indebolita, a suo sostegno sono arrivate nuove forze politiche che, sicuramente, si pongono in una prospettiva liberale di centro destra. Così i due seggi persi dal PLRT sono sicuramente compensati da un altro partito liberale, seppur spruzzato di verde: alludiamo ai Verdi liberali che rivendicano il loro attaccamento ad un’economia liberale, moderata dalla preoccupazione per l’ambiente. Nella stessa prospettiva si pongono il movimento HelvEthica che, pur criticando il governo per la gestione a loro avviso antidemocratica del COVID (arrivando, in una prospettiva a volte complottistica, a negarne l’esistenza), su tutta una serie di questioni appaiono sicuramente un partito situato a destra. Per quanto riguarda Avanti, esso appare come una sorta di versione ticinese di un progetto stile Matteo Renzi, un orientamento fondato su una visione liberale del mondo economico (con la indiscutibile centralità dell’impresa) che dovrebbe essere temperata, nei suoi eccessi e nelle sue “storture*, da un’adeguata politica sociale. Una variante di “destra” del classico discorso social-liberale.

“Partiti rispettabili”

La collocazione di questi nuovi partiti approdati in Gran Consiglio ha già avuto come conseguenza una modifica del discorso dei partiti maggiori. Certo, resta la prospettiva di un cambiamento delle regole (dalla quota di sbarramento all’adozione di un sistema maggioritario), ma si è già capito che essi potrebbero benissimo essere integranti nei gironi dei vari partiti maggiori, contribuendo così al rafforzamento dei diversi schieramenti. Vanno in questo senso le dichiarazioni sulla “dignità” che avrebbero tutti i partiti minori presenti in Gran Consiglio (tranne, evidentemente, l’MPS…) e sulla possibilità di integrare questi nuovi partiti nel dibattito parlamentare, magari aprendo loro la partecipazione alle commissioni parlamentari. Ricordiamo a questo proposito che, all’inizio della scorsa legislatura, una proposta presentata dall’MPS (e concordata con gli altri partiti non facenti gruppo) affinché ognuno di questi partiti fosse rappresentato in almeno una commissione, era stata chiaramente respinta da quegli stessi partiti che ora fanno questi discorsi.

La novità, come abbiamo detto, è il posizionamento politico di queste forze che con la loro presenza, come riconoscono anche analisti indipendenti, hanno spostato chiaramente a destra l’asse politico del Parlamento. Come constata il politologo Andrea Pilotti “con l'elezione dei due deputati di HelvEthica e di due (in più) dell'UDC abbiamo chiaramente uno spostamento verso il centro-destra". E già in questi primi giorni successivi alle elezioni non mancano le rivendicazioni di vicinanza a questi partiti minori da parte dei maggiori (a conferma della nostra analisi): significativa quella di Dadò nei confronti di Avanti e di HelvEthica e quella del presidente del PLRT nei confronti dei Verdi Liberali: tutti ben disposti ad accettare questa corte.

Il voto a sinistra

Non vi sono dubbi che l’alleanza rosso-verde (PS-Verdi) sia la grande sconfitta, unitamente alla Lega, di queste elezioni. Non solo per il risultato oggettivo rispetto alle elezioni del 2019 (un seggio in meno a testa, una flessione di oltre il 2,5% in termini di voti operil Gran Consiglio), ma rispetto alle prospettive e le attese annunciate da questa alleanza. E se è vero che, a partire da metà dello scorso anno, la surreale prospettiva del raddoppio della presenza in Consiglio di Stato ha cominciato ad essere rinviata a un indefinito medio-lungo termine, è anche vero che obiettivi importanti ed ambiziosi erano stati annunciati: un seggio in più per ognuna delle due forze alleate e il superamento della barra del 20%.

A tutto ciò si deve aggiungere, cosa non secondaria per un partito fortemente orientato alla ricerca di soluzioni nell’ambito parlamentare, la perdita di un seggio nelle commissioni, nelle quali l’accoppiata PLRT-Il Centro riconquista la maggioranza assoluta e un certo controllo dello sviluppo dell’azione parlamentare. Hanno invece tenuto dal punto di vista elettorale le forze che si pongono a sinistra di questa alleanza rosso-verde, anche se complessivamente i seggi sono passati da 5 a 4 (perde un seggio la lista MPS-POP del 2019 e conferma i due seggi la lista PC-POP del 2023). Nel 2019 la lista MPS-POP aveva ottenuto il 2,4 % dei voti, conquistando due seggi  con quoziente pieno e, in modo un po’ fortunoso, un terzo seggio con un resto assai piccolo (sicuramente eravamo sovra-rappresentati). Il PC aveva totalizzato l’1,23% dei voti e due seggi, uno dei quali conquistato con un resto ancora più piccolo di quello che aveva permesso alla lista MPS-POP di ottenere il terzo seggio: in questo caso addirittura una situazione di iper-rappresentatività rispetto alla reale forza elettorale. Un raffronto complessivo sulle percentuali di voto conferma questa interpretazione. Infatti, la somma dei voti di MPS-POP e PC nel 2019 corrispondeva al 3,63%; oggi, seppur con alleanze diverse, queste due liste totalizzano il 3,62% dei voti, una percentuale identica quasi al centesimo. Naturalmente, come già detto, una configurazione diversa delle alleanze ha avuto come esito la perdita di un seggio.

Oggi l’MPS – da solo, poiché il POP ha, di propria iniziativa, abbandonato l’alleanza con l’MPS a favore di quella con il PC – totalizza l’1,7% dei voti (-0,7%) conquistando due seggi. La lista PC-POP totalizza l’1,94% dei voti (+0,7%) e pure due seggi. La perdita dell’MPS dello 0,7% corrisponde, di fatto, alla forza elettorale del POP, portata in dote al questa volta al PC. Molte compagne e compagni che ci hanno sostenuto in questa campagna e che normalmente ci sostengono nelle nostre attività ci hanno significato una certa “delusione” per il fatto che l’enorme lavoro che svolgiamo (non solo e non tanto in Gran Consiglio, ma nelle numerose attività – nei movimenti sociali di vario genere, nonché nelle battaglie che conduciamo e che, a volte si traducono anche in campagne referendarie) non si traduca poi in consenso elettorale, e questo malgrado l’MPS sia riuscito a mantenere due seggi. Non vi sono dubbi che, al di là dei calcoli sui risultati elettorali, l’MPS non abbia sostanzialmente aumentato la propria forza elettorale. Sono osservazioni sulle quali riflettere e che faranno l’oggetto di un prossimo articolo.

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