Stefano Dias
La sinistra selettiva e il Ticino che chiude
Redazione
16 ore fa
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C’è un tratto distintivo nella politica ticinese che è difficile ignorare: la coerenza a corrente alternata. E tra chi la pratica con una certa disinvoltura troviamo anche il Movimento per il Socialismo (MPS), che riesce nell’impresa di farsi paladino dei lavoratori… ma solo di quelli che rientrano nei confini del proprio catechismo ideologico. Lo ammetto: non volevo scrivere quest’articolo. Ma dopo aver letto l’ennesima presa di posizione dell’MPS contro l’aeroporto di Lugano, e quella – non meno rigida – dell’Associazione traffico e ambiente (ATA), mi sento quasi in dovere di intervenire. Non perché faccia parte di un sindacato di potere come UNIA o, per certi versi, lo stesso MPS quando si muove nei corridoi dell’amministrazione pubblica. Io rappresento HelvetiCA, il sindacato dei controllori di volo attivo in tutta la Svizzera e membro dell’Unione Sindacale Svizzera. E anche noi, modestamente, siamo lavoratori. E qui arriva la prima incoerenza dell’MPS: da sempre al fianco dei “salariati”, ma solo finché questi non operano in un settore che l’MPS giudica – con la consueta superiorità morale – “socialmente inutile” o “ambientalmente dannoso”. In quel caso, non c’è lotta sindacale che tenga: si può chiudere un aeroporto in una riga e, con la stessa disinvoltura, mandare a casa decine di famiglie. Fa niente se quei posti di lavoro sono veri, se ci sono persone qualificate che li occupano con dignità e responsabilità. Se non siete allineati all’ortodossia MPS, siete sacrificabili. E attenzione: non lo dico solo io. Anche l’ATA, in una presa di posizione pubblica, non si fa alcun problema ad affermare che “non dev’essere la collettività a pagare per chi atterra a Lugano-Agno”. Come se chi atterra, lavora e vive grazie all’aeroporto non fosse parte di quella stessa collettività. Come se non si trattasse di oltre 50 posti di lavoro, molti dei quali altamente specializzati, che si perderebbero in nome di una visione ideologica, che punta a ridurre – o peggio, cancellare – uno degli ultimi collegamenti aerei diretti del nostro Cantone con il resto del mondo. Poi c’è la questione dei costi. L’MPS si scandalizza per un possibile investimento da 60 milioni di franchi, parlando di “vagonate di soldi pubblici”, cosa per altro recentemente negata dal sindaco di Lugano. Peccato che lo stesso MPS, in altri contesti, affermi per voce di Pino Sergi, che “il debito del nostro Cantone è sopportabile” e che “possiamo fare debito” per altri progetti, purché siano approvati dalla sua dottrina politica. Quindi: ci sono debiti buoni e debiti cattivi. Un po’ come i lavoratori: quelli “utili” secondo MPS e quelli sacrificabili.

Eppure nessuno – né l’MPS né l’ATA – sembra ricordare che anche il treno riceve ogni anno miliardi di sussidi pubblici, senza i quali le ferrovie non potrebbero funzionare se non a prezzi insostenibili per gli utenti. Nessuno contesta la necessità di investire nei trasporti pubblici terrestri. Ma appena si parla di un’infrastruttura aerea, scatta l’anatema. Perché? Perché volare, per alcuni, è diventato un peccato ideologico. Poco importa che anche un aeroporto possa essere integrato in una mobilità moderna e sostenibile. Poco importa che rappresenti una porta di accesso strategica per il Ticino, per l’economia e per il turismo. Il nostro Cantone rischia sempre di più di trasformarsi in un territorio isolato, difficilmente raggiungibile, ai margini delle grandi direttrici economiche e culturali. Togliere anche l’aeroporto significa togliere un pezzo importante del suo futuro. E noi, come sindacato, non possiamo restare in silenzio mentre si cancellano posti di lavoro qualificati in nome di un’ideologia selettiva. L’aeroporto non sarà perfetto. Ma almeno discutiamone seriamente. Con dati, con un progetto reale sul tavolo – e soprattutto con rispetto per chi lavora. Tutti i lavoratori. Non solo quelli certificati MPS.

 

Stefano Dias
Membro del Comitato direttivo nazionale di HelvetiCA – Sindacato dei controllori di volo svizzeri

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