Jean Olaniszyn
In ricordo di Gianfranco Rossi, architetto, scultore, poeta
Gianfranco Rossi nel suo studio a Lugano con l’amico Jean Olaniszyn, 2007 (fotografia di Alfio De Paoli © Edizioni ELR, Losone
Gianfranco Rossi nel suo studio a Lugano con l’amico Jean Olaniszyn, 2007 (fotografia di Alfio De Paoli © Edizioni ELR, Losone
Redazione
un anno fa
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Il 21 gennaio 2013, a 85 anni (a pochi mesi dalla scomparsa del suo amico Tita Carloni), ci lasciava anche Gianfranco Rossi, architetto, artista scultore, poeta.

Un personaggio dalle grandi doti umane, “presenza indelebile e significativa nel nostro contesto in evoluzione” come ebbe modo di dire Gerardo Rigozzi, direttore della Biblioteca cantonale di Lugano.

In ricordo di un grande uomo, maestro di vita, di cultura, di comportamento e disciplina con una umanità straordinaria.

Constato in generale nella società di oggi una tendenza alla spersonalizzazione, all’incomunicabilità fra gli individui (che preferiscono parlarsi e incontrarsi virtualmente) e alla costrizione entro gabbie mentali e fisiche: aspetti, questi, che ho cercato di esprimere nelle mie sculture”. Gianfranco Rossi, Lugano 2007.

Gianfranco Rossi l’ho conosciuto professionalmente nel 2007 durante la preparazione della sua mostra, con relativo catalogo, a cura di Claudio Cavadini e Luca Saltini, ospitata alla Biblioteca cantonale di Lugano in occasione del suo ottantesimo compleanno.

A dire il vero ci eravamo già incontrati negli anni Ottanta con il silografo Aldo Patocchi in occasione di una mostra di Carlo Cotti, ma poi ci eravamo persi di vista.

Con Gianfranco Rossi da subito si era instaurata una grande e sincera amicizia rafforzatasi nel tempo.

Ci incontravamo spesso a Lugano, ma anche al Rivellino di Locarno in occasione di suoi sopralluoghi, dove tra l’altro aveva dato immediatamente la sua disponibilità a collaborare nel progetto dell’artista Peter Greenaway (presentato alla Città di Lugano dai curatori Arminio Sciolli, Paolo Sciolli e Jean Olaniszyn, con la partecipazione di Change Performing Arts di Milano), per l’animazione degli affreschi di Bernardino Luini nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli di Lugano.

In tutte le sue attività, dall’architettura, alla scultura, alla poesia, ma anche alla musica (aspetto poco conosciuto, suonava il mandolino nella Banda musicale di Lugano ed era amico dei musicisti Carenzio, Scagnello e del clarinettista Basile), Gianfranco ci metteva passione, rigore, amore.

Attento ai particolari, al nesso che ogni dettaglio ha nella determinazione della complessità del reale, la sua architettura, ma anche le sue sculture riflettono, ancora e sempre, la sua anima, la sua bontà e generosità.

Con Gianfranco ho avuto lunghe conversazioni su temi che ci accomunavano, in particolare l’arte e la letteratura e gli piaceva parlare della sua poesia, definita da Ottavio Lurati “una poesia del concreto” (vedi la prefazione di O. Lurati a G. Rossi, “Periferia növa”, Edizioni Ulivo, Balerna 2007).

Gianfranco mi raccontava che la poesia è una passione che aveva coltivato sin da bambino e le sue poesie le aveva inizialmente pubblicate su piccoli giornali, fino al fondamentale incontro con Mario Agliati che pubblicò i suoi testi sul “Cantonetto”.

Gianfranco Rossi è stato membro della Commissione dei beni culturali, ha insegnato Storia dell’architettura alla Scuola Tecnica Superiore (ora SUPSI), ma ha anche partecipato alla fondazione del “Gruppo 22”, un movimento d’opposizione di cui Gianfranco ne era stato il presidente (ne hanno fatto parte tra gli altri, gli artisti Pierino Selmoni e Frà Roberto).

Successivamente, grazie al famoso gallerista Pagani di Castellanza, ha fatto parte del “Gruppo immanentista” di Ascoli Piceno, con molte personalità scoperte dal critico Argan, partecipando alla stesura del Manifesto in sui si esponeva il loro concetto di arte contemporanea.

Gianfranco mi ha raccontato le vicissitudini della sua vita, sia privata che professionale- ci vorrebbe un libro per raccontare tutto - dalla sua infanzia, ai rapporti con lo zio Santino, scultore, girovago (era stato sul Mar Nero, in Palestina, in Tunisia, poi a in America a New York, Chicago, San Francisco), infine ritiratosi a Brusino, dove Gianfranco lo incontrava spesso; ma anche i rapporti con il nonno Domenico, scultore con bottega in via Trevano, poi rilevata dal padre Dante che aveva studiato a Brera, successivamente trasformata nella sede dello studio di architettura di Gianfranco.

Poi gli studi a Losanna e quindi al politecnico di Milano con aneddoti sulle sue amicizie con gli architetti Vittorio Gregotti e Gae Aulenti, suoi compagni di scuola negli anni ’50; dei suoi incontri al bar Giamaica nei pressi di Brera (frequentato a quel tempo anche dall’amico fotografo Mario Dondero), della grande ammirazione nei riguardi dell’architetto Carlo Scarpa dal quale, raccontava, di aver ricevuto “eccelse lezioni di architettura e di vita”.

Ricordava con emozione molti suoi incontri, in particolare gli piaceva raccontare della sua grande amicizia con l’architetto Tita Carloni. È in questi frangenti che ho potuto conoscere e apprezzare il grande uomo che è stato (e sempre sarà) Gianfranco Rossi, architetto, scultore e poeta.

Caro amico Gianfranco voglio ricordarti con la tua bellissima poesia “Progress”, che mi avevi dato da pubblicare sul catalogo (*) della tua mostra alla Biblioteca cantonale di Lugano nel 2007, ma anche con la frase che mi ripetevi spesso: “Io odio i personaggi malvagi, specialmente gli usurai”.

Caro Gianfranco, sarai sempre nei miei/nostri ricordi.

Jean Olaniszyn 

 

Poesia di Gianfranco Rossi

Progress

 

Globalizzazion, danee, petroli, imbroi,

la religion d’incöö;

drogada da stress,

da natel, da internet,

da balèr sfolzii da fantasma

imbesüii da lüs e frecass.

Fiüman da gent in corsa

Pontada dal progress

Su’n binari obligaa.

Ghè più ‘l temp par guardà i stell

Par possà sota ‘na pianta

par güstà ‘l passà dal temp.

E pensà che la vita

l’è tacada a ‘n fir

che sa romp senza visà.

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