Tomas E. Romero
Il Ticino che verrà
Redazione
un anno fa
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Nel settembre 2018, il popolo ticinese si espresse negativamente sullo stanziamento di un credito di Sfr. 6'730'000 milioni di franchi per l’esperimentazione di un nuovo modello educativo nelle scuole dell’obbligo (La Scuola che Verrà). La premessa del progetto, oramai fallimentare, proponeva un percorso educativo indifferente delle capacità e/o particolarità personali. Insomma, una educazione dove il protagonista diventava l’istituzione a scapito dello studente stesso. La bandiera dell’inclusività, brandita dai propositori del decreto, era semplicemente una forma velata di censura. Censura per coloro che vorrebbero esprimere il meglio di sé stessi e delle loro possibilità. Il DECS proponeva un percorso unico che portava a un traguardo identico per tutti. Tuttavia, il concetto è paradossale in quanto se veramente si crede nella parità di opportunità non è possibile avere uguaglianza nel risultato.

L’ipotesi della scuola che verrà, o meglio che non verrà più, non era un concetto nuovo. Si potrebbe fare un paragone con le leggi “d’armonizzazione” dell’Unione Europea atte ad appianare la piattaforma industriale dell’eurozona, per sostenere il mercato unico europeo. Tuttavia, gli effetti avversi di queste misure sono molto evidenti. Le piccole e medie imprese vengono sopraffatte dall’immensità delle legislazioni, l’innovazione sparisce completamente e la produzione si concentra in determinati paesi (prevalentemente la Germania), a scapito delle economie più deboli oppure in sviluppo. In effetti, il progresso di una società dipende dalla capacità di essa di risolvere i problemi in modo innovativo da individui che si adoperano in tutti gli ambiti professionali, academici e artistici con autodeterminazione e libertà. 

Ciò vuol dire che non possiamo aspettare che ogni persona assuma delle funzioni predisposte come succede in un formicaio. Le quote rosa nell’amministrazione cantonale sono un chiaro esempio del paradosso di voler la libertà di scelta cercando, parallelamente, l’uguaglianza di risultato. 

Quindi, per far si che i giovani diventino cittadini responsabili, innovativi, consci dei loro diritti e obblighi e impegnati realmente per il progresso della comunità, è necessario fare uno sforzo maggiore durante il loro percorso educativo. Sì al pareggio delle opportunità ma massimizzando le loro capacità personali e professionali. Soltanto se i giovani impareranno il rispetto di sé stessi e degli altri, riconoscendo le proprie particolarità, potranno davvero essere protagonisti del loro percorso. Soltanto in questo modo si prepareranno le nuove generazioni per affrontare i grandi quesiti del futuro.

Il prossimo 2 aprile il popolo ticinese potrà decidere in merito alla composizione parlamentare cantonale (Gran Consiglio) il quale rimarrà in carica per 4 anni. Il Gran Consiglio ticinese si occupa di legiferare ed esercita una funzione di controllo sul governo (Consiglio di Stato). Quindi, il risultato della distribuzione di seggi influenzerà senza dubbio sull’andamento del nostro Cantone in materia di sicurezza, finanze, educazione, trasporti e salute pubblica. Perciò considerate le mozioni legislative attuate dall’UDC nell’ultimo decennio e successivamente decidete sul Ticino che verrà.

Tomas E. Romero, candidato UDC al Gran Consiglio

 

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