
Il 19 luglio 2025 è una data chiave per la sovranità sanitaria della Svizzera. Entro tale termine, il Consiglio federale può — e deve — notificare formalmente all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il proprio rifiuto (opting-out) delle modifiche al Regolamento Sanitario Internazionale (RSI), adottate il 1° giugno 2024. In mancanza di tale notifica, esse entreranno in vigore automaticamente il 19 settembre 2025, vincolando giuridicamente la Svizzera a nuove norme internazionali che toccano profondamente la sfera dei diritti fondamentali, della gestione delle emergenze sanitarie e della libertà d’informazione.
Ma ad oggi, il Consiglio federale non ha dato alcun segnale concreto d’intenzione di esercitare il diritto di opposizione. Anzi, secondo quanto emerso da una “notifica di vigilanza” presentata il 21 maggio 2025 dal consigliere nazionale Rémy Wyssmann, il governo federale sta eludendo il dibattito democratico, ignorando la volontà parlamentare e rischiando di cedere ulteriormente sovranità a un’organizzazione internazionale priva di legittimazione democratica.
Nel 2024, il Parlamento svizzero aveva approvato a larga maggioranza (116 sì al Nazionale, 29 al Consiglio degli Stati) la mozione Glarner 22.3546, che impone al Consiglio federale di sottoporre al Parlamento qualsiasi strumento OMS che possa vincolare la Svizzera, quindi sia l’accordo pandemico che le modifiche al RSI.
Il principio è semplice e fondamentale: nessun vincolo internazionale senza l’approvazione del Parlamento, e dunque senza la possibilità, qualora necessario, di indire un referendum popolare. Ma il Consiglio federale non ha ancora adempiuto a questo obbligo.
Il governo ha adottato, fino ad oggi, una comunicazione evasiva. Le informazioni fornite sul sito dell’UFSP sono generiche, rassicuranti, ma omettono le parti più controverse dell’accordo. La pubblicazione dei risultati della consultazione sulla revisione del RSI è prevista solo a fine giugno, ossia dopo la sessione estiva del Parlamento e a pochi giorni dalla scadenza del termine legale. Una tempistica che appare quanto meno sospetta e che rende impossibile una discussione parlamentare adeguata.
Wyssmann ha denunciato, attraverso la “notifica di vigilanza”, il rischio concreto che il Parlamento venga bypassato e ha chiesto che il dossier sia iscritto all’ordine del giorno immediatamente, per garantire una presa di posizione chiara prima del 19 luglio. Ricorda inoltre che la Costituzione federale (art. 169) conferisce al Parlamento l’alta vigilanza sull’attività del Consiglio federale, e che l’esecutivo non può decidere unilateralmente su questioni di tale portata.
È lecito chiedersi: il Consiglio federale intende volontariamente lasciar scadere il termine, per evitare un confronto parlamentare e popolare? E se sì, quali sono le conseguenze democratiche di un simile atto?
Se la Svizzera vuole rimanere uno Stato di diritto, con una politica sanitaria decisa dai suoi cittadini e non da tecnocrati globali, allora il Consiglio federale deve esercitare il suo diritto di opposizione entro il termine previsto. Rinunciare a questa possibilità significa tradire la volontà del Parlamento, ignorare la voce del popolo e compromettere la democrazia svizzera.
È tempo che la cittadinanza venga pienamente informata. E che i suoi rappresentanti alzino la voce.
Maria Pia Ambrosetti
Granconsigliera HelvEthica Ticino