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Gruppo Uomo e Biodiversità - Regolazione naturale degli animali selvatici e convivenza con l’uomo: utopia o realtà?
Immagine Shutterstock
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Redazione
2 anni fa

In questo difficile momento per la convivenza tra uomo e biodiversità si sente spesso parlare di “saturazione” e “regolazione” di specie selvatiche che condividono gli spazi con le attività agricole presenti sul territorio. Il nostro gruppo è nato con lo scopo di fornire informazioni corrette e spunti concreti per favorire una convivenza sostenibile per entrambe le parti, che possa durare nel tempo. A nostro avviso, è indispensabile che vi sia chiarezza sulla biologia e il comportamento degli animali considerati “problematici”, evitando di sparare a zero contro la fazione opposta, incapace di controbattere visto che a parlare è solo l’uomo, in questo caso. Servono discorsi approfonditi, che non chiudano la questione prevedendo aiuti generici o a danno avvenuto. Bisogna lavorare insieme sul territorio.

Per questo auspichiamo più serate come quelle di recente organizzate dall’Ufficio Caccia e Pesca in Val di Blenio e in Valmaggia, nonché una formazione possibilmente obbligatoria sulla biologia degli animali selvatici che interagiscono con le attività agricole: nei recenti dibattiti e dalle testimonianze raccolte coi diretti interessati, infatti, è emersa una conoscenza spesso approssimativa e non scientifica e questo è già un primo limite, se si vive a stretto contatto con la natura. Essa non rappresenta un nemico da fronteggiare ma è parte integrante della nostra realtà, specie per chi vi svolge un’attività. Accettarlo è il primo passo, adottare comportamenti corretti di conseguenza è il secondo. Non possiamo pensare di fermare la diffusione di intere specie, dobbiamo però attrezzarci adottando ogni misura disponibile per proteggere le attività di montagna. Un primo consiglio per evitare che lupi e ungulati imparino ad avvicinarsi alle stalle è quello di non lasciare scarti alimentari o mangimi all’esterno e smaltire correttamente le placente o qualsiasi altro resto carneo. Qualora si scelga l’utilizzo di cani da protezione, è bene educarli correttamente (con le dovute conoscenze in merito, naturalmente). Va rivisto anche l’approccio del turismo nelle zone dove animali selvatici e da protezione sono presenti, con adeguate istruzioni e, se necessario, restrizioni di accesso. Vi sono poi misure di protezione classiche e innovative in fase si continua sperimentazione. In tal senso, vogliamo rassicurare quegli agricoltori che si sentono, comprensibilmente, abbandonati al proprio destino e non compresi. Scriveteci le vostre testimonianze e cercheremo di creare insieme una rete virtuosa di aiuti pratici, grazie a diverse ONG che già si stanno muovendo a livello svizzero e ticinese con forza lavoro disposta ad aiutare a costruire protezioni e sorvegliare le greggi sugli alpeggi.

Vorremmo riassumere qualche concetto per capire meglio la biodiversità che ci circonda, a cominciare dagli ungulati e, naturalmente, dai grandi protagonisti del conflitto, i lupi:

“Specie ombrello”, come i grandi predatori, rinforzano la salute e la genetica delle specie che predano, uccidendo gli animali più deboli, come nel caso della diffusione della cheratocongiuntivite da ovini a ungulati, una malattia infettiva che causa ingenti sofferenze e che il lupo ha saputo regolare.

Possono limitare l’espansione eccessiva di piccoli predatori come volpi, cinghiali “ibridi” e nutrie, la presenza di questi predatori agevola altre importanti specie di rettili, anfibi e uccelli che nidificano al suolo. Rendendo le prede erbivore meno stanziali, viene limitata l’eccessiva eliminazione di giovani piante e germogli, dando così la possibilità alla foresta di ringiovanire.

Un buon esempio per quanto concerne la saturazione è quello della Surselva, dove da anni si monitora la presenza di famiglie di lupi. Nel 2017 era presente una sola famiglia, arrivando nel 2020 a 4 famiglie, per un totale di 37 lupi. Il documento di Peter A. Dettling (16.03.2022, www.peterdettling.com) informa che nella Surselva e nell’area adiacente ci sarebbe spazio per cinque famiglie e che con questo numero si può vivere bene, purché gli animali da reddito siano adeguatamente protetti (infatti, quando sul Calanda viveva una famiglia di lupi, si è potuto constatare che le greggi di pecore protette in maniera professionale non avevano praticamente perdite da parte dei lupi). Vi è una coppia di lupi che potrebbe formare una quinta famiglia ma la presenza di branchi nell’area del Beverin svolge un ruolo di regolazione impedendone lo stanziamento, fino ad oggi. Anche i lupi in dispersione, che sono solitamente i più problematici a livello di conflitti con l’uomo, sono disincentivati dalla presenza di altri branchi. Considerando che, per calcolare il punto di saturazione della specie, si fa riferimento al progetto dello Yellowstone, dove esso corrisponderebbe al doppio dell’attuale numero di lupi per chilometro quadrato attualmente presente nella Surselva, si può dire che la Svizzera è ancora nella fase di colonizzazione.

Gruppo Uomo e Biodiversità

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