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Giovanni Merlini - Procreazione assistita tra paure e desideri
Redazione
10 anni fa

Procreazione assistita, selezione di embrioni, diagnosi preimpianto. Sono temi complessi e delicati che hanno a che fare con il progresso scientifico e tecnologico da una parte e con le convinzioni morali più intime di ognuno di noi, dall’altra. L’esito della votazione federale del prossimo 14 giugno sulla modifica dell’articolo costituzionale relativo alla medicina riproduttiva e all’ingegneria genetica (art. 119 cpv. 2 lett. c CF) avrà effetti concreti sulla vita delle coppie infeconde o portatrici di malattie di gravi malattie ereditarie. In Svizzera ogni anno nascono quasi 80'000 bambini, circa 2000 dei quali grazie alla fecondazione artificiale, ossia in vitro. E’ una forma di procreazione assistita, riservata alle due categorie di coppie appena citate, con la quale possono essere sviluppati al massimo tre embrioni per ogni ciclo di trattamento, ossia tanti quanti possono essere impiantati immediatamente nell’utero della futura madre. Nella prassi vengono quindi impiantati due o persino tre embrioni e ciò comporta il rischio di gravidanze plurime, con le relative complicazioni per la salute della gestante e degli stessi feti. Attualmente gli embrioni possono essere sottoposti ad esami genetici per individuare malattie ereditarie, ma solo durante la gravidanza: è cioè ammessa unicamente la diagnosi prenatale. Se vengono accertate anomalie cromosomiche o è appurato il rischio di trasmissione della predisposizione ad una grave malattia ereditaria, le coppie toccate si trovano confrontate con un drammatico dilemma, che spesso sfocia nella decisione sofferta di interrompere la gravidanza. Il notevole vantaggio della diagnosi preimpianto consiste dunque nell’anticipazione dell’analisi del corredo genetico e nella possibilità di selezionare l’embrione sano (o che comunque presenta le minori probabilità di sviluppare anomalie genetiche ereditate dai genitori e foriere di una grave malattia) tra quelli sviluppati in vitro, e ciò prima che esso venga impiantato. La legge sulla medicina della procreazione assistita, modificata dalle Camere federali contestualmente all’adozione del nuovo articolo costituzionale durante la sessione invernale del 2014, autorizza infatti a sviluppare, per ogni ciclo di trattamento, fino ad un massimo di 12 oociti in modo da accrescere la probabilità statistica di ottenere almeno un embrione sano. Ciò permetterà così di impiantare nell’utero unicamente quell’embrione, a vantaggio del buon decorso della gravidanza e della salute del nascituro, riducendo il numero di parti gemellari e trigemellari. Saranno così evitate numerose interruzioni di gravidanza, il che rappresenta un aspetto non trascurabile della riforma. Ma come la mettiamo con il rischio di abusi o di derive eugenetiche, paventati dagli avversari della riforma costituzionale? La disposizione costituzionale parla chiaro a tale proposito: continuerà ad essere proibita la preconfigurazione di determinati caratteri genetici del nascituro e le tecniche di procreazione assistita non potranno essere applicate a fini della ricerca. In particolare non sarà in alcun caso possibile la selezione mirata degli embrioni in funzione del sesso, del colore degli occhi o dei capelli oppure la programmazione e produzione in vitro di un futuro “bambino salvatore” con tessuti compatibili e destinati alla successiva donazione di cellule staminali a favore di una sorella o di un fratello gravemente malati.

Diversamente da quanto aveva voluto una minoranza parlamentare e da quanto prevedono diversi Stati europei, verrà mantenuto in Svizzera il divieto di sviluppare un numero illimitato di embrioni per ogni ciclo di trattamento fuori dal corpo della futura madre, proprio allo scopo di tutelare la dignità umana e di proteggere gli embrioni. La riforma presenta un ulteriore vantaggio: è la possibilità della crioconservazione (congelamento) degli embrioni soprannumerari sviluppati artificialmente, in modo che la coppia vi possa far capo in caso di necessità di un ulteriore ciclo di trattamento. La conservazione sarà ammessa per un periodo massimo di cinque anni, con la possibilità di una proroga di ulteriori cinque anni se la coppia desidera ancora avere altri figli. Dopo di che gli embrioni saranno o distrutti o utilizzati, con il consenso della coppia stessa e a condizioni restrittive, per la produzione di cellule staminali embrionali a scopo di ricerca. Rifiutare questa riforma significa costringere al turismo diagnostico le coppie che non possono avere figli in modo naturale o che sono portatrici di gravi malattie ereditarie: il loro forte desiderio di avere figli non sarà certo domato dal mantenimento nel nostro Paese del divieto della diagnosi preimpianto, autorizzata invece non solo dagli Stati che ci circondano, ma pure dal Belgio, dai Paesi Bassi, dalla Danimarca, dalla Svezia, dalla Norvegia, dal Regno Unito, dal Portogallo, dalla Spagna, dalla Bulgaria, dalla Grecia e da Cipro. Lo sviluppo della ricerca deve essere messo al beneficio delle persone, pur con le cautele e le restrizioni della costituzione e della legge. Le applicazioni rese possibili dal progresso della medicina contribuiscono a ridurre la sofferenza umana e non vanno temute in modo pregiudiziale. Una società aperta e liberale non chiude gli occhi di fronte alle nuove opportunità. Le promuove, limitando i rischi di abuso collaterali.

Giovanni Merlini, consigliere nazionale

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