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Gilles Renaud - Trasporto pubblico dopo il coronavirus, Ticino all’avanguardia?
Redazione
4 anni fa

L’emergenza del coronavirus ha inciso sulla quotidianità di ogni nostro comportamento personale e collettivo. In questi mesi i media hanno dedicati ampi spazi alle interpretazioni più disparate sull’aspetto sanitario ed ancor più al mantra del cogliere l’occasione per cambiare il mondo. Si sono scatenate le frange più contestatarie che partendo dall’assunto di essere stati scacciati dallo sviluppo socioeconomico degli ultimi decenni paventano, pur se in modi diversi, il ritorno alla pastorizia ed ai tristi periodi del Medioevo dove ognuno si distanziava da casa solo per piantare patate e frumento.

Se si vuol dar spazio a queste ideologie rinate sulle ceneri di questo triste momento, fatto di per sé negativo, significa fare un passo indietro nel nostro modello sociale basato sulla responsabilità personale, sul rispetto dei valori collettivi in cui rientra a pieno titolo il nostro territorio. Speriamo che la politica sappia trarre le dovute lezioni da questo momento e ricalibri le regole tenendo conto che il modello svizzero, pìù di quello europeo o cinese, ha dimostrato di essere attento da sempre alle varie componenti del nostro creato.

In questa direzione la politica è ora chiamata a fare .. politica. Cioè a ridefinire l’allocazione delle non infinite risorse economiche pubbliche. Non mi addentro nel quadro generale dell’economia postCOVID, altri lo fanno anche su nostri media. Come imprenditore privato e politico mi ha sorpreso una certa leggerezza nel disegnare i scenari dei prossimi anni. Le solite cassandre hanno già decretato la morte di tanto odiati trasporti di linea, quelli che portavano fino a febbraio 10 milioni di persone al giorno solo perché non è garantita la distanza sociale. Distanza che però va benissimo su treni e bus.

In realtà se c’è un settore che potrebbe vedere un sostanziale cambiamento sarà proprio il trasporto pubblico perché la distanza sociale che ora ci è stata inculcata come “ancora di salvezza” farà si che ci saranno meno passeggeri sugli aerei di linea, ma ci saranno anche meno persone nei ritrovi pubblici e alla propensione ad usare bus e treni. E non credo sia il sistematico e perenne uso delle mascherine che potrà servire come misura: un bus ed un treno è esattamente come un aereo dove l’utente non può che restare confinato in un tubo assieme a tanti altri compagni di viaggio. E su questo tema credo che qualcuno prima o poi dovrà spiegare se è più sicuro andare in treno a Ginevra o a Zurigo rispetto all’aereo, dove i tempi son cinque volte inferiori e con l’aria filtrata ? Scomettiamo che se mai avremo una riposta sarà intrisa di ermetici tecnicismi, da parte dei trenologhi, perché l’evidenza è .. evidente.

Ma al ticinese non sono, oggi più di ieri, a premere le tratte su Ginevra o Zurigo. Gli interessa il quotidiano e quindi la mobilità regionale o cantonale. E qui ci sono alcune situazioni curiose che vanno approfondite, a partire del costo del traporto pubblico che è coperto in ragione di tre/quarti (75%) dall’Ente pubblico, cioè dal cittadino contribuente e non dal cittadino passeggero. Mi chiedo, per esempio, in questo contributo pubblico ormai perenne per bus e treni quanto si è risparmiato nei tre mesi di Ticino a casa ? Si è continuato a pagare come se nulla fosse i trasportatori anche in totale assenza di utenza ? L’esempio dell’aviazione è stridente: nessun passeggero, nessun volo e nessuna entrata ! Sembra che anche i mitici scuolabus di americana memoria, pur se le scuole erano completamente chiuse, avrebbero percepito i nostri (contribuenti !) soldi pubblici, sembra.

Ma l’aspetto che oltre il semplice appellativo di curioso per entrare nel geniale, scusate l’ironia, è l’aumento dei contributi pubblici alle aziende di trasporto pubblico fino ad arrivare a cento milioni di franchi annui, cioè a circa trecento franchi annui per ogni ticinese (neonati ed ospiti in casa anziani compresi) al quale va aggiunto il tariffario più caro al mondo per l’utente. Visto che i promotori di questa iniziativa fatta con i nostri soldi (io avrei qualche idea ...!) non hanno nessuna idea di quanti ticinesi passeranno dall’auto privata, nell’era postcovid sicuramente ancor più attrattiva, al bus/treno, penalizzati dall’impossibilità di tenere la distanza sociale, è un salto nel buio! Si è concepito una misura postcovid con l’ aumento dell’offerta di trasporto pubblico, concepita da più di un anno, che si basa sulla geniale intuizione che in questo modo si può ripartire l’utenza su più bus/treni e quindi garantire meglio la distanza sociale sanitaria. Purtroppo così non è, e le non illimitate risorse economiche pubbliche comunali e cantonale la politica dovrebbe potersi metter in gioco e rivalutare le priorità. Qui si tratta di spendere cento milioni di franchi all’anno nel solo Canton Ticino a scapito di altre priorità del postcovid. Tutti tacciono perché sul mantra del trasporto pubblico prima del coronavirus il dibattito era limitato a quanto e quando aumentiamo gli aiuti pubblici. Ora si dovrebbe contestualizzare il tema nel nuovo contesto finanziario del Cantone e dei Comuni.

Gilles Renaud, imprenditore e municipale di Cadenazzo

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