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Gilles Renaud - La sicurezza del nostro Paese passa anche dall’acquisizione del nuovo caccia delle Forze aeree svizzere
Redazione
4 anni fa

Forse non tutti si rendono conto che la qualità di vita personale e collettiva dipende dalle condizioni quadro che le Autorità e l’economia privata in tutte le sue sfaccettature ci garantiscono da tempo. La base del nostro sistema di vivere è il concetto di “WillensNation” traducibile in dialetto ticinese, con qualche svirgolatura linguistica, in un “voi da faan”. La sicurezza di sistema è legata ai rischi effettivi e visibili e a quelli meno percettibili come lo sono i ciberattacchi, le pandemie, il cambiamento climatico e quello sociale. Chi di noi non ha mai sorriso quando al telegiornale si commentano gli esercizi dei vari Stati maggiori civili che proprio su queste tipologie di rischio lavorano. Credo da inizio di quest’anno si riderà di meno, perché proprio questi scenari sono quanto potrebbe concretizzarsi.

Nel nostro quotidiano privato nessuno di noi pensa di disdire l’assicurazione incendio di casa propria, o del suo rustico, perché non ne ha mai usufruito: si continuerà a pagarla proprio perché il rischio pur se minimo sussiste.

La difesa militare del nostro Paese è meno percettibile perché materialmente, grazie ai generali svizzeri che con grande autostima si spinsero qualche secolo fa fino a Marignano e da lì furono ricondotti a miti consigli, siamo stati più volte sfiorati ma non coinvolti. Lo sviluppo tecnologico, a mio avviso, ci ha ulteriormente allontanato dalla percezione di pericolo su questo tema. Oggi non è più il numero dei moschetti che fa la forza di un Paese, ma è la struttura delle sue Forze di difesa che sono sempre più costituite dall’insieme delle varie componenti terrestri ed aeree. Come ogni sistema la debolezza è data quindi dalla carenza della sua parte più debole (principio della catena e dei singoli anelli).

Le nostre Forze aeree, che negli anni sessanta ad un certo punto avevano quasi 400 aerei, sono ora nella necessità di essere ammodernate ed acquisire una nuova flotta di aerei (una trentina). Il Consiglio federale e la maggioranza del Parlamento hanno approvato il credito generale di 6 miliardi di franchi. Il nostro sistema democratico prevede la possibilità che sia la popolazione a decidere in modo definitivo. Questo è un unicum mondiale che va colto come segno di responsabilità che la Politica da alla popolazione.

Tutti i Paesi, di tutti i continenti e di qualsiasi indirizzo politico, che hanno la possibilità economica di farlo e sono nella necessità di farlo sono ora in piena fase di acquisizione di aerei militari della quinta generazione. Su questa linea, dove ogni Paese si basa sul principio della difesa nazionale che poi va integrata a livello sovranazionale, con i propri mezzi. In caso di crisi, le milioni di mascherine bloccate e requisite nei vari aeroporti negli ultimi mesi dovrebbe insegnare, ogni Paese deve avere un minimo di capacità propria. Capacità che non è limitata alla fase più acuta dell’impiego, cioè al combattimento vero e proprio, ma che è utilizzata per la sorveglianza dello spazio aereo nazionale. Questa esigenza in Svizzera è quotidiana in quanto siamo sorvolati da quasi tremila aerei al giorno e tecnicamente richiede aeromobili atti anche al combattimento. Non esistono varianti per questo tipo di impiego. In una recente dibattito la Consigliera federale Viola Amherd, alla presenza del Consigliere di Stato Norman Gobbi, ha indicato che l’adozione di aerei meno impegnativi sarebbe come dotare la Polizia cantonale di nuove autovetture del tipo Fiat 500.

Gilles Renaud, imprenditore e municipale di Cadenazzo

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