Mentre la campagna per le votazioni del 22 settembre procede, penso che sia ormai chiaro che il dibattito sull’iniziativa “natura e paesaggio” sia abbastanza deludente. Conseguenza diretta di un testo problematico sotto diversi aspetti dato che, coinvolgendo paesaggio, patrimonio architettonico, culturale e naturale, crea frizioni con la legislazione vigente in tutti questi ambiti senza dare risposte o chiarimenti precisi. La conseguenza è che ostacola una vera e approfondita discussione su temi specifichi e sulle misure che potremmo adottare, o già stiamo adottando, per migliorare la situazione. Come appunto nel caso della biodiversità e del cambiamento climatico. L’impatto di quest’ultimo sulla nostra biodiversità è quasi assente nella discussione anche se dovrebbe essere preminente. Perché nonostante negli ultimi decenni si sia fatto molto, specialmente nel settore agricolo, per ridurre il nostro impatto e per prepararci ai cambiamenti climatici in vari modi, le loro conseguenze si fanno sentire in ogni nazione. Aree protette, montagne disabitate, città, ambienti marini, foreste. Se diciamo che il giardino brucia, non possiamo proporre di piantare fiori. Ma l’iniziativa non è sul cambiamento climatico e come combatterlo davvero. Così ci ritroviamo con un dibattito parziale e che spesso esula dal testo dell’iniziativa in votazione.
Veniamo ora alla biodiversità e alle misure per promuoverla. Anche in questo caso, evitando di fornire indicazioni precise e lasciando noi cittadini a interpretare le loro intenzioni, gli iniziativisti non hanno creato le condizioni per un vero dibattito. L’agricoltura verrebbe toccata? No, dicono alcuni promotori. Certamente, dicono altri nei dibattiti. Noi agricoltori lo abbiamo detto più volte: quasi il 20% della superficie agricola utile del nostro Paese è già oggi destinato alla promozione della biodiversità, per non parlare delle innumerevoli misure che da decenni vengono intraprese per ridurre il nostro impatto ambientale. Un contributo sostanziale alla biodiversità con anche una strategia e un piano d’azione ben precisi in atto. La nostra posizione è chiara: queste superfici vanno innanzitutto migliorate qualitativamente, sfruttandone il potenziale anziché crearne di nuove. Servirebbe però anche del buonsenso riconoscendo un aspetto basilare: per produrre cibo sufficiente occorre un’agricoltura produttiva con superfici coltivate a dovere con dei buoni rendimenti. Ridurle significa importare cibo ancora di più. Chi parla della Svizzera del 1900 con 3,3 milioni di abitanti ora che siamo a 8,9 (e oltre l’80% vive in città e non produce il proprio cibo) non porta nessun contributo. Va detto che una diga idroelettrica non è certamente una bella vista e ha un impatto sulle specie animali e vegetali che perdono il loro habitat, tuttavia i benefici indiretti come le ridotte emissioni sono incontrovertibili. Sarebbe possibile costruirla se l’iniziativa venisse accettata? No, se ciò minaccia “l’essenza” dell’area protetta interessata che deve essere conservata intatta.
Se il testo dell’iniziativa fosse stato più concreto oggi staremmo facendo un discorso assai più approfondito. Due mezzi dibattiti, però, non ne fanno uno intero ed è necessario votare NO a questa iniziativa che avrebbe delle ripercussioni serie e dei costi elevati per tutti noi.
Sem Genini, segretario agricolo cantonale Unione Contadini Ticinesi