
Come annunciato il 1° agosto scorso, la Svizzera dovrà affrontare un aumento dei dazi americani al 39%, questa decisione unilaterale, rappresenta un colpo importante per il nostro Paese. Mentre alcuni criticano la gestione della situazione da parte della nostra Presidente della Confederazione e del vice Guy Parmelin, è importante riconoscere che il vero ostacolo è rappresentato da un approccio decisionale da parte di Trump che, a mio avviso, si basa più su considerazioni personali ed emotive, vedasi le decisioni dei dazi per Brasile e Canada, più che su valutazioni oggettive e razionali, un po’ come un bambino viziato che fa i capricci quando le cose non vanno come vuole.
Ricatti e bullismo
Inoltre dimostra una certa ignoranza del mercato commerciale, inquanto, nella prima metà del 2025, gli Stati Uniti hanno importato dalla Svizzera quasi 500 tonnellate di oro - pari ad un valore di circa 38 miliardi di franchi - una quantità mai vista prima e che spiega in parte il disavanzo commerciale di 40mld. All’origine di questi grandi acquisti, la paura, negli Stati Uniti, che anche sull’oro potessero venir applicati dazi. I nostri consiglieri federali e i diplomatici hanno tentato un dialogo costruttivo, ma risulta estremamente complesso confrontarsi con un Presidente che ha mostrato di non voler seguire le normali dinamiche diplomatiche, ma usare ricatti e bullismo politico/commerciale, per raggiungere i propri scopi ed interessi.
Dimostrare fermezza e rispondere a tono
La Svizzera non può permettersi di cedere a un ricatto, come hanno fatto altre nazioni UE in primis o il Giappone, si rischierebbe un precedente sfruttabile anche in futuro. Se dovessimo piegarci a questa pressione per ottenere un accordo meno oneroso, ciò comporterebbe probabilmente compromessi in altri settori cruciali come investimenti, armamenti ed energia. Sarebbe più sensato utilizzare queste risorse per sostenere le aziende Svizzere e settori industriali più colpiti da questi dazi, aiutandoli a diversificare i loro mercati e a proteggere i posti di lavoro nel nostro Paese, mi riferisco ad esempio ai 125 miliardi di investimenti promessi, dal nostro Consiglio Federale, agli Stati Uniti e ad eventuali altre concessioni per ridurre i dazi, ad esempio importazioni di prodotti dagli USA a dazi zero. È il momento di dimostrare fermezza e di rispondere a tono, ad esempio rivedendo le nostre politiche negli acquisti di armamenti, come gli F-35 e i missili Patriot, che si stanno rivelando un cattivo affare, più onerosi di quanto stipulato e con ritardi di consegna, la lezione dei Droni Israeliani non ha insegnato niente, rivelando gli USA come partner poco affidabile nel mantenere quanto convenuto.
Guardare oltre i confini tradizionali
La Svizzera deve ora guardare oltre i confini tradizionali, rafforzando i legami commerciali con medio ed estremo Oriente e riducendo la dipendenza, già elevata, dal mercato Americano. A tal proposito, ritengo che la Svizzera debba intraprendere un'azione concreta e forte, una Svizzera che non cede ai ricatti è una Svizzera più forte, come il riconoscimento della Palestina quale membro delle Nazioni Unite, anche se questo irriterebbe, come successo con il Canada, l’amministrazione Trump. Notizia di oggi, le previsioni pessimistiche sulla reazione della borsa Svizzera ai dazi, sono state in gran parte smentite, solo inizialmente si aperto con una perdita intorno 1,80%, per poi risalire in mattina ad un contenutissimo -0,5%. Questa “battaglia” sui dazi deve farci e far capire che la Svizzera è un partner affidabile, forte e potrebbe aprirci nuovi accordi commerciali, negli USA ci sono circa 400 mln di abitanti, nel resto del Mondo ci sono gli altri 8 miliardi.
Bartolini Aaron, Membro di Comitato Giovani Verdi Liberali