
Con rammarico apprendiamo l’intenzione delle otto principali aziende di trasporto pubblico del nostro cantone (ABL, AMSA, ARL, AutoPostale, FART, FLP, SNL e TPL) di voler progressivamente eliminare, a partire dall’autunno prossimo, la possibilità di acquistare i biglietti con pagamento in contanti. Pur comprendendo le difficoltà tecniche legate alla manutenzione degli attuali distributori – in particolare la carenza di pezzi di ricambio per gli apparecchi più vecchi – riteniamo inaccettabile che si limiti di fatto l’accesso al servizio pubblico a una parte della popolazione.
Per contro, accogliamo con favore la mozione approvata dal Consiglio nazionale, che afferma un principio essenziale: tutte le imprese di trasporto sovvenzionate con fondi pubblici devono offrire modalità di pagamento accessibili a tutti, compresi i contanti o alternative semplici, come una carta prepagata utilizzabile senza smartphone e senza obbligo di identificazione elettronica.
È vero che circa il 75% dei biglietti in Svizzera viene oggi acquistato tramite canali digitali. Ma è altrettanto vero che il restante 25% merita rispetto, e che tale percentuale potrebbe persino aumentare se si considerasse il fatto che ogni transazione digitale comporta costi invisibili, come le commissioni a carico degli utenti, incassate da banche e gestori di pagamento.
Il vero nodo da chiarire, a questo punto, è: quanto costa alle aziende accettare i pagamenti digitali? E, di conseguenza, in che misura questi costi vengono trasferiti ai passeggeri sotto forma di rincari?
Temiamo che, alla lunga, la smaterializzazione obbligata dei pagamenti finisca per pesare sulle tariffe, colpendo proprio coloro che già oggi faticano a tenere il passo con la digitalizzazione forzata: anziani, persone fragili, cittadini attenti alla riservatezza o semplicemente chi non possiede uno smartphone.
Nel trasporto pubblico, come in ogni servizio essenziale, l’accessibilità deve venire prima dell’efficienza tecnica. La tecnologia deve servire l’uomo, non escluderlo.