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Constantin Cojocariu - Si muore anche giocando a calcio
Redazione
3 anni fa

L’immagine di Christian Eriksen, crollato, con la faccia nell’erba, immobile, con lo sguardo fisso è stata terrificante. Mi ha sconvolto. Ho visto per un attimo davanti agli miei occhi, Miklos Feher, l’ungherese del Benfica e il camerunese Marc-Vivien Foé, morti un paio d’anni fa sul rettangolo verde. Avevano lo stesso sguardo di Christian, con gli occhi lontani dalla realtà. Nessuno ha potuto salvarli a quei tempi. Sono morti giocando a calcio, proprio come tanti altri prima di loro. Fortunatamente, Christian è stato resuscitato immediatamente, prima dal capitano Kjær, poi dai medici che sapevano esattamente cosa fare. Poi, un’altra immagine ha allontanato la mia tristezza. Lui, Christian, sulla barella, cosciente, con gli occhi aperti e la mano sulla fronte. Si era ripreso. Respirava, guardava la tribuna e i suoi colleghi di squadra, anche se, non potrà più giocare a calcio. Questo momento drammatico è un’altra lezione per i boss del calcio mondiale, che pensano solamente ai soldi, soldi e ancora soldi. Cambiano sempre i programmi, caricandoli all’infinito. Altre partite e sempre altre partite, altre nuove competizioni. La Champions League trasformata e la Conference League più grande e più affollata. E la FIFA, studia già un Mondiale ogni due anni. Una follia! Tutto fino all’esaurimento dei giocatori. Niente è per loro, per i calciatori, anche se sono gli eroi di questo sport. Protestano senza essere ascoltati o senza che nessuno ne tenga conto delle loro richieste. È vero che, sono pagati milioni di euro o franchi svizzeri, ma devono giocare fino allo sfinimento totale? È quello che dovranno pensare tutti, soprattutto quelli che gestiscono il calcio mondiale. Fino a quando, tutto questo circolo? Qual è il limite di un giocatore? Quanto possiamo forzare il corpo? Infinitamente? Alcuni sono morti, altri moriranno. O forse no. Forse facciamo qualcosa per loro. Forse ripensiamo tutto, ascoltando anche i calciatori. Meno, può significare anche di più. Meno partite, più qualità e più tempo di recupero per i giocatori. Sono gli unici che dovranno essere ascoltati e non il rumore dei soldi che arrivano ai padroni come le monete alle macchinette del casinò. Sabato è stato un giorno che dovrebbe ricordarci a tutti quanto sia preziosa la nostra vita!

Constantin Cojocariu

Chiasso

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