Il Centro e i Giovani del Centro
Chiusura di FFS Cargo, il Ticino non è un binario morto
© SBB/CFF/FFS
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Redazione
3 giorni fa
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I Giovani del Centro e il Centro esprimono forte preoccupazione per l’intenzione di FFS Cargo di dismettere i terminal di Cadenazzo e Lugano‑Vedeggio entro il 2025. Una simile decisione, pur presentata come riorganizzazione operativa, rischia di avere effetti ben più ampi e duraturi. Non è in discussione soltanto un tema di logistica, ma l’equilibrio economico, sociale e infrastrutturale di un intero Cantone. FFS Cargo agisce oggi come una realtà parastatale dotata di ampi margini decisionali, operando in una posizione dominante nel mercato ferroviario. In questo contesto, il rischio è che la distanza tra centro decisionale e territorio si faccia troppo marcata. Non si tratta di puntare il dito, ma di riconoscere che quando un attore pubblico prende decisioni strategiche senza un adeguato coinvolgimento delle realtà locali, la fiducia si logora, e con essa la capacità di costruire soluzioni condivise.

L’impatto della decisione

Le conseguenze di questa scelta, infatti, saranno tangibili e immediate. In primo luogo, sul fronte della mobilità: la chiusura dei terminal porterà inevitabilmente a un aumento del trasporto merci su gomma. Il Mendrisiotto, già oggi messo a dura prova da un traffico pesante costante, rischia di trasformarsi in un corridoio congestionato, con impatti significativi sulla viabilità, sulla qualità dell’aria e sul benessere quotidiano di chi vive e lavora nella regione. Anche il Piano di Magadino, sebbene interessato da una tratta relativamente breve tra Cadenazzo e Giubiasco, potrebbe subire un incremento del traffico pesante, aggravando una zona già delicata dal punto di vista ambientale e agricolo. È un paradosso rispetto agli impegni presi a livello federale per favorire il trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia.

Una perdita concreta di competenze e prospettive

Non meno rilevante è la ricaduta sul piano occupazionale. I tagli previsti — circa 65 posti a livello nazionale, una parte importante dei quali proprio in Ticino — rappresentano una perdita concreta di competenze e prospettive. Dietro a ogni impiego che scompare ci sono persone, famiglie, giovani che hanno investito in un settore che ora viene ridimensionato senza una reale alternativa. È una dinamica che, se non gestita con attenzione, rischia di impoverire ulteriormente le possibilità di sviluppo del nostro tessuto produttivo. Vale inoltre la pena ricordare che i terminal di Cadenazzo e Lugano‑Vedeggio non sono semplici punti periferici: si trovano lungo uno degli assi strategici del traffico ferroviario europeo, che collega i porti di Genova e Rotterdam. Interrompere la presenza logistica su questa direttrice nord-sud rischia di indebolire non solo la posizione del Ticino, ma anche la capacità della Svizzera di restare protagonista nei grandi flussi di trasporto merci continentale.

La responsabilità impone di fermarsi

Tutto ciò solleva una questione di fondo. Se si arriva a chiudere ciò che non genera profitto immediato, che spazio resterà per quei servizi che garantiscono funzionalità, presenza sul territorio e coesione economica? Il punto non è difendere ciò che non funziona, ma distinguere tra ciò che è solo costoso e ciò che, pur non redditizio nell’immediato, è strategico per il Paese. Come il Centro e Giovani del Centro, crediamo nella responsabilità politica ed economica. E la responsabilità, oggi, impone di fermarsi, riflettere e correggere la rotta. La chiusura dei terminal FFS Cargo in Ticino appare una scelta sbagliata, non per motivi ideologici, ma perché scollegata dalla realtà concreta del nostro Cantone, dalle sue esigenze e dalle sue potenzialità.

Si apra un dialogo serio e costruttivo

È altresì importante ricordare che, in quanto detentrice di parte delle FFS, anche la Confederazione ha un ruolo non secondario. Le sue scelte strategiche devono tenere conto dell’intero Paese, comprese le regioni periferiche che contribuiscono con serietà e lavoro alla coesione nazionale. Per questo chiediamo che venga aperto un dialogo serio e costruttivo, che coinvolga le autorità cantonali, i partner economici e i rappresentanti del territorio. Il Ticino non può essere trattato come una nota a margine. Ha diritto a infrastrutture, a lavoro e a una visione di lungo periodo. Chiudere è semplice. Costruire, invece, richiede visione, coraggio e rispetto per chi abita e fa vivere il Paese ogni giorno.

 

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