
Il Consiglio di Stato ticinese ha deciso di procedere con la chiusura della Casa dello Studente di Bellinzona, motivando tale scelta con un tasso di occupazione ritenuto insufficiente – pari al 50% dei posti letto disponibili – e un disavanzo di poco superiore ai 110mila franchi all’anno. La decisione ha generato un malcontento diffuso non solo da parte del Partito Comunista, che ha reagito con un’interrogazione parlamentare datata 17 marzo 2025 a firma dei deputati Massimiliano Ay e Lea Ferrari, ma anche tra numerosi rappresentanti politici delle regioni periferiche e tra le organizzazioni giovanili e sindacali. Ricordiamo che l’appello lanciato dal Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) per salvare la Casa dello Studente ha raccolto ampie adesioni da parte di varie associazioni: dalla Gioventù Comunista ai Comitati studenteschi dei licei cantonali, passando per i sindacati VPOD e OCST, fino ad arrivare a organizzazioni come “Pro Juventute”, che si sono mobilitati trasversalmente per garantire che il diritto allo studio non fosse penalizzato dalla distanza geografica fra il domicilio e la sede scolastica. Il Consiglio di Stato ha risposto alla nostra interrogazione confermando da un lato la chiusura della struttura, ma annunciando anche una soluzione alternativa a favore degli studenti pendolari: si tratta di un progetto pilota, limitato per ora al solo anno scolastico 2025/2026, che prevede l’utilizzo degli spazi del centro di prima accoglienza di Casa Marta. Il Partito Comunista, pur esprimendo rammarico per l’ennesimo taglio a un servizio pubblico per le famiglie e rifiutando la logica delle “casse vuote” che impone continue misure di austerità, riconosce al tempo stesso che la tempestiva reazione del nostro Partito e la mobilitazione degli studenti hanno prodotto perlomeno un risultato concreto che ha giustamente soddisfatto il sindacato studentesco. Non ci sfugge tuttavia come tale compromesso non sia frutto dell’iniziativa del governo stesso, bensì della Fondazione Casa Marta, che ha agito autonomamente proponendo al Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport (DECS) di mettere a disposizione i propri spazi. Questo elemento conferma, purtroppo, la scarsa proattività del Consiglio di Stato, che ha dato prova ancora una volta di non essere in grado di anticipare i bisogni della popolazione se non sotto pressione. Il Partito Comunista resta inoltre perplesso sia per quanto concerne la durata della misura, sia sui modesti importi finanziari allocati, sia per il fatto che i rapporti tra le famiglie e la Fondazione Casa Marta avverranno senza l’intermediazione dell’ente pubblico: una soluzione che ci auguriamo non preannunci un futuro disimpegno da parte dello Stato. Se da un lato è giusto quindi, come fatto dal SISA, qualificare come una vittoria politica questo risultato parziale, dall’altro non possiamo abbassare la guardia: sarà fondamentale monitorare il progetto pilota affinché il diritto allo studio non venga subordinato a logiche risparmiste. Infine ricordiamo che il Partito Comunista, prima dell’estate, ha depositato una mozione intitolata “Alloggi e case per giovani in formazione” in cui si propone al Cantone di far leva sul diritto di prelazione rispetto agli appartamenti sfitti.