Cara MIGROS, ti scrivo…
perché mi sorprendi un po’ e siccome son tua cliente, più forte ti scriverò.
Col tuo percento culturale, finanzi la mostra itinerante Noi Gender, che sosta davanti alle nostre scuole, paladina di una nuova cultura che promette di liberare l’umanità da tanti tabù. Dopo il Campus dell’USI, il liceo di Mendrisio e di Lugano, ora è la volta del liceo di Bellinzona. Nel nome del contrasto agli stereotipi, al pregiudizio, alla discriminazione e al disagio giovanile, l’esposizione si presenta come un progetto che “schiude nuovi orizzonti”, propone “esperimenti mentali” supportati da presunte ricerche scientifiche su identità, ruoli ed espressioni di genere in contrapposizione al sesso biologico. “Il gender è ovunque … cosa fa di noi un uomo e una donna? C’è forse dell’altro? … Dai peli ai baci … dai cliché alla moda, dagli organi sessuali alla giustizia … senza giri di parole questa mostra ti mette a confronto con i grandi interrogativi della vita”!!!
Qualcuno si è preso la briga di interrogare i ragazzi davanti al liceo di Lugano, chiedendo loro cosa ne pensassero della mostra sul gender: alzata di spalle, indifferenza e “nonsenepuòpiù”.
Cara Migros, oggi finanzi, certamente in buona fede, la così detta cultura di genere e i nuovi diritti sessuali, ma fino a dove sei disposta a spingerti?
L’educazione sessuale promossa dall’OMS per tutte le fasce di età è in realtà la punta di diamante di una rivoluzione antropologica globale che prospetta l’omogeneizzazione sessuale degli individui, totalmente immemori della natura biologica binaria maschio-femmina. Con il termine gender in contrapposizione a sesso si mira alla realizzazione dell’uomo disincarnato, all’essere androgino, né maschio né femmina. È l’antica eresia gnostica che torna sempre a galla. E non molla. Ed ecco che, in modo sempre più pervasivo, si inculca nei bambini fin dalla più tenera età – tipico dei sistemi totalitari – la menzogna che possono scegliere se essere maschi o femmine, insinuando l’idea che l’identità maschile o femminile sia una mera questione di performance, proprio come sostiene la blasonata filosofa statunitense Judith Butler. La parola magica delle teorie di genere è decostruzione. Per liberare il genere umano dal giogo dei così detti stereotipi di genere, l’ideologia di genere vuole “decostruire” l’uomo e la donna – che sarebbero diversi unicamente a causa di costrutti culturali – per “rimontare i pezzi” in tanti individui indifferenziati, senza radici, senza storia, senza legami stabili e perciò facilmente manipolabili, che si illuderanno di essere liberi potendo scegliere di momento in momento come performarsi. Chiaramente, una società nuova esige regole nuove e un linguaggio nuovo. Cara Migros, hai notato che la mostra che tu finanzi propone un nuovo modo di scrivere e parlare? Per ora lo propone, ma poi lo imporrà.
Sappi che la visione gender è fluida e celebra il primato delle percezioni soggettive sulla realtà oggettiva. Le emozioni hanno fatto il loro ingresso nel mondo del diritto, finora radicato nel diritto romano basato sui fatti, e lo stanno stravolgendo. Una società fluida e una legge fluida in balia dell’effimero, che sanzionerà qualsiasi dissenso fedele alla realtà biologica.
A proposito di fluidità di genere: pochi giorni fa un professore di Bioetica all’Università di Princeton ha aperto una nuova finestra di Overton, stimolando la discussione attorno al tabù della zoofilia, cioè degli atti sessuali fra umani e animali; molti li reputano moralmente accettabili e auspicano che l’acronimo della cultura fluida LGBTQIA+ si arricchisca presto della lettera Z come di altre possibili lettere, che ti lascio immaginare.
Cara Migros, ti prego, informati bene prima di sostenere con il tuo – nostro – percento culturale nuovi “esperimenti mentali” di ingegneria sociale!
Rina Ceppi-Bettosini, membro di HelvEthica Ticino