Il clima e la biodiversità sono interdipendenti come tutto ciò che è riconducibile all’organicità su questo pianeta. Dalle fonti di informazione ci accorgiamo che ogni ricerca, tabella e grafico sono soggetti a dei lassi temporali e ai dati considerati, diventando degli inevitabili filtri tramite i quali si orienta un pubblico verso i propri orizzonti. Tanti punti di vista sono una ricchezza e permettono di confrontarci con una libertà fondamentale, e grazie al senso critico intrinseco in ognuno, di essere a nostra volta liberi di avere almeno un proprio punto di vista. Ma ci sono degli aspetti che sono universali: la biodiversità rappresenta per antonomasia il giardino della nostra casa comune che è, di fatto, questo pianeta, degno di essere osservato, scoperto, curato e conosciuto. Non dovremmo eccedere nella smania di miniaturizzazione del globo, avvalendoci di tentativi di mimesi che in specialmodo nei recentissimi secoli hanno rivelato purtroppo anche tutta la loro intrinseca impossibilità e drammaticità effettive – quanto meno impotenti senza arrecare danno o, piuttosto, quell’attitudine di un concatenato rimediare al rimedio del rimedio – oppure plasmandolo come fosse una natura morta, un oggetto da esporre o peggio un marchingegno funzionale. È impellente andare oltre i dati tassonomici e statistici che sono soggetti, e assoggettano, a selezioni, inclusioni e omissioni. Gli equilibri delle specie, di tutte le specie, sono interrelati oltre ogni possibilità tassonomica, elevando la complessità a una concezione olistica dell’esistenza che, con la sua persistenza, mostra la sua perfezione ai nostri sensi. Siamo noi che discerniamo con ragion d’essere QUANTO E COME INVESTIRE per rendere questo nostro veicolo cosmico – pur non veramente conducibile – non un mero marchingegno alla stregua di sperimentazioni di ogni sorta (con i vari rischi del potenziale inganno che aleggiano da ogni angolo e bandiera, sottoposti ai dettami di mercato troppo spesso ciechi ai fattori di inquinamento o peggio con la presunzione che la guerra debba ancora essere parte del vivere umano e previa alle dinamiche ambientali), bensì un luogo abitabile, un ecumene vivo, sano e organico, all’insegna del benessere, dell’armoniosità, della limpidezza e della bellezza, approcciandoci a esso con la dovuta coscienza e delicatezza, poiché consapevoli che siamo noi a essere soggetti all’estinzione e non questo pianeta, destinato invece a perdurare ben più a lungo dell’umanità.
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