
Ancora una volta, il Dipartimento del territorio (DT) cerca di minimizzare l’impatto devastante del lupo sulle nostre montagne, scaricando ogni responsabilità sugli alpigiani. È un copione vecchio, ripetuto per mascherare anni di inerzia e una linea politica che ha sistematicamente anteposto l’ideologia ambientalista agli interessi concreti del territorio e di chi ci lavora.
Sotto la guida di Claudio Zali, il DT si è schierato apertamente a favore della protezione del lupo, sacrificando le attività agricole, gli equilibri sociali e la sicurezza degli allevatori. Ma il problema non è solo politico: è anche tecnico e amministrativo. Troppi funzionari del DT, chiusi nei loro comodi uffici di Bellinzona, si permettono di giudicare e biasimare chi ogni giorno si spacca la schiena in alpeggio. Da dietro una scrivania, con una visione burocratica e scollegata dalla realtà, si pretenderebbe di spiegare a chi vive la montagna come si conduce un gregge o si difende un pascolo. È semplicemente ridicolo.
La narrazione secondo cui gli animali predati non erano “adeguatamente protetti” è offensiva. È facile puntare il dito quando si è comodamente al sicuro, ma ben più difficile capire davvero cosa significhi lavorare in montagna, spesso senza copertura telefonica, senza vie d’accesso, con orari impossibili e risorse limitate. Se al DT qualcuno avesse mai passato più di qualche ora su un alpeggio, forse parlerebbe con più rispetto e meno presunzione.
Anche la strategia di dare la colpa a Berna non regge più. Da quando Albert Rösti è al DATEC, la Confederazione ha aperto ai Cantoni possibilità concrete di regolazione del lupo. Altri lo stanno facendo. Grigioni e Vallese, per esempio, agiscono. Qui invece si temporeggia, si rimanda, si alzano le spalle. Il Piano cantonale di gestione del lupo, voluto dal Gran Consiglio, non è ancora stato presentato. La scadenza è passata da mesi. E il silenzio è la conferma di una precisa scelta politica: non fare nulla, per non disturbare certi ambienti, che nel recente passato hanno fornito voti e che ora si aspettano la piena tutela del lupo.
Ebbene, se non si è in grado o – peggio – non si ha la volontà di gestire questo problema con coraggio e serietà, allora si può anche avere la decenza di farsi da parte. I cittadini, e soprattutto i contadini, meritano un’amministrazione che stia dalla loro parte. Che agisca, non che predichi. Che difenda la montagna, non che la trasformi in un parco giochi per grandi predatori e ideologi da salotto.
È ora di dire basta. Basta con le colpe ai contadini, basta con l’indifferenza, basta con la protezione a senso unico. Se Zali non è in grado o non vuole di garantire equilibrio tra natura e attività umane, allora è giusto che lo faccia qualcun d’altro.
Piero Marchesi, Presidente UDC Ticino