
Oggi vogliamo tralasciare per un momento la tecnologia, al fine di dedicarci ad una scoperta che ha dell'incredibile: nelle Alpi Occidentali, e più precisamente tra i rilievi della Valsesia, è stato trovato un supervulcano fossile. A rendere estremamente importante la scoperta, è il fatto che lo stesso mostra il suo intero sistema di alimentazione, dalla cima fino ai meandri più oscuri; (nella foto vediamo l'Aniakchak Caldera, Alaska).La scoperta è avvenuta grazie alla collaborazione tra geologi statunitensi ed italiani. A guidare la spedizione sono stati i geologi James Quick, Prorettore dell'Università di Dallas, e Silvano Sinigoi, Prof. di petrografia presso l'Università di Trieste.Il Prof. Sinigoi ci spiega che di supervulcani, ovvero un vulcano di dimensioni enormi e capace di scatenare un vero e proprio inferno in terra, ve ne sono presenti diversi in tutto il globo terrestre; ma trovarne uno nelle Alpi Occidentali, e finora sconosciuto, oltre che una grande scoperta è anche una grande soddisfazione per i geologi coinvolti.Oltre a ciò, si aggiunge il fatto che il vulcano di cui sopra è il primo che offre ai geologi la possibilità di guardarlo dentro, fin nei meandri più profondi ed inaccessibili. In pratica è possibile vedere ogni singolo condotto sotterraneo che un tempo alimentava il colosso geologico.Sempre il Prof. Sinigoi ci spiega come sia possibile l'esistenza di un vulcano avente "l'apparato alimentare" totalmente esposto; ciò si sarebbe verificato attraverso il lento processo che ha determinato la formazione delle Alpi, ovvero l'orogenesi alpina. In un lungo lasso di tempo l'orogenesi alpina ha letteralmente rivoltato la crosta terrestre, ciò ha permesso l'emersione totale dell'apparato magmatico situato nel sottosuolo vulcanico per una profondità di circa 25 km. Ed ecco che il menzionato supervulcano può così offrirci uno spettacolo unico al mondo: l'esposizione del suo complesso sistema di alimentazione.La scoperta è stata pubblicata sulla rivista internazionale "Geology".Il "mostro roccioso" si trova tra Varallo e Borgo Sesia e si stima che non è più in funzione da circa 290 milioni di anni. Questo era in grado di manifestare enormi eruzioni, le quali erano in grado di oscurare l'intera atmosfera e di alterare il clima globale (ma questa non è certo una novità in termini di supervulcani).Trascorrono alcuni milioni di anni prima che il vulcano smetta di essere alimentato dai magmi profondi. Questo ha portato il vulcano a collassare su se stesso, portando alla formazione di una caldera (in pratica uno sprofondamento) avente un diametro di circa 15 km.Il Prof. Sinigoi, dopo aver osservato l'apparato interno del supervulcano, sostiene che lo studio dei vulcani a livello scolastico, con tutte le semplificazioni del caso, dovrà, molto probabilmente, essere rivisto.Già, perché il supervulcano in questione, sebbene inattivo, sarà in grado di svelarci nuovi e più approfonditi segreti inerenti il funzionamento generale dei vulcani. Naturalmente la comunità scientifica italiana è entusiasta della scoperta di matrice italo-americana.A questo proposito si pronuncia il Prof. Giovanni Orsi, dell'Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia, e sostiene che la scoperta di Quick e Sinigoi è di fondamentale importanza per almeno due motivi: il primo è costituito dalla possibilità di studiare tutti quei processi che determinano il "flusso alimentare" di un vulcano e che si svolgono a svariati km di profondità sotto il suolo terrestre. Il secondo motivo è invece la possibilità di capire il comportamento stesso dei vulcani, soprattutto di quelli attivi. In pratica la comunità scientifico-geologica potrebbe giungere ad una corretta interpretazione dei segnali inviati dai vulcani, arrivando perfino a prevederne le eruzioni con largo anticipo.Insomma, un vulcano unico al mondo che, graz
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